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  19/04/2024 - 01:24

 

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Il boom delle fumetterie in Italia

 




                     di M. Burattini


Fino a non molto tempo fa, la distribuzione del fumetto in Italia avveniva essenzialmente (per non dire unicamente) attraverso l'edicola. Oggi avviene anche on line (e sono nati addirittura degli ipermercati telematici del fumetto), ma allora qualsiasi testata avesse voluto raggiungere il proprio pubblico, doveva necessariamente passare attraverso i chioschi e le rivendite di giornali. Le rare eccezioni potevano essere rappresentate da quelle riviste vendute per corrispondenza o distribuite nelle parrocchie o all'interno di circuiti di club e associazioni, ma si trattava pur sempre di casi particolari di non eccessiva incidenza sulla realtà di fatto, che è appunto quella da cui siamo partiti. Questo pressoché esclusivo veicolo di diffusione della carta stampata ha da sempre comportato alcuni vantaggi, come la capillarità della rete, ma anche non pochi svantaggi. Le oltre 30.000 edicole italiane fanno sì che un editore, per avere la copertura di tutto il territorio nazionale con almeno tre copie per ogni punto vendita, deve stampare fin dall'inizio qualcosa come centomila copie della propria pubblicazione. Una tiratura altissima, se confrontata con le dimensioni ristrette del mercato fumettistico nostrano, all'interno del quale una testata che ne vende ventimila è considerata un successo. Inoltre, prima di avere un riscontro del risultato ottenuto (incassando dal distributore il denaro ricavato dalle vendite e ricevendo indietro le rese) l'editore deve attendere alcuni mesi. Nel frattempo, anche se le cose fossero andate male, la casa editrice deve comunque continuare a stampare decine di migliaia di copie di un prodotto destinato a ritornargli dopo qualche mese nei magazzini. Malgrado tutto, il sistema di distribuzione attraverso le edicole ha funzionato egregiamente in Italia fino alla metà degli anni Settanta: vuoi perché il mercato non era così affollato di pubblicazioni come è oggi, vuoi perché le edicole avevano più spazio per mettere in evidenza i prodotti editoriali (non c'erano, allora, le videocassette e i gadget vari con i loro ingombranti cartoncini), vuoi perché esisteva un pubblico proporzionalmente più numeroso, non distratto dal canto di altre sirene, che trovava nel fumetto un mezzo di intrattenimento piacevole ed economicamente competitivo. Un pubblico, insomma, che curiosava in edicola alla ricerca della novità, e che non tardava ad accorgersi della validità e dell'alternatività di certi prodotti. Oggi, come diremo, le cose sono cambiate e l'edicola non rappresenta più una vetrina valida e funzionante per le pubblicazioni a fumetti. Fuori dai confini nazionali, in realtà, le cose funzionavano da tempo in modo diverso: in Francia e in America la distribuzione dei comics e degli albi in bedé avveniva già allora principalmente attraverso le librerie, specializzate e generiche. Anche perché in queste nazioni vigeva un'altra concezione del medium fumetto, non considerato come da noi un banale (se non demenziale) passatempo per ragazzi ma piuttosto vera e propria letteratura disegnata, capace di veicolare cultura e idee alla stregua di altre forme di comunicazione quali la prosa, la poesia, il cinema o la musica. Forse proprio per questa mancanza di riconoscimento culturale, in Italia non è esistita per lungo tempo, prima della seconda metà degli anni Settanta, una significativa produzione fumetti sottoforma di volumi che potesse stimolare le librerie a dedicare parte dei propri scaffali al fumetto o addirittura far nascere librerie specializzate.

Voto 7 

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