Sulla scorta di un successo che inizia
a imperversare non solo nella scena underground (come dimostra l’interesse del pubblico per il
nuovo album Costellazioni,
pubblicato per La Tempesta Dischi il 4
marzo 2014, entrato direttamente al secondo posto della classifica album
FIMI/GFK) riparte la nuova stagione de Le Luci
Della Centrale Elettrica, un gruppo che continua a illuminare di intensità il sound più
innovativo e immaginifico della scena italiana. L’ensemble di Vasco Brondi, veronese, ma ferrarese d'adozione, classe 1984, torna dal vivo con uno show ben confezionato dal punto di vista delle
emozioni musicali, poetiche e visive. Un disegno luci innovativo scolpisce le
architetture sonore create dalla band, anzi dall’orchestrina spaziale formata da Sebastiano De Gennaro alle percussioni, Ettore Bianconi all’elettronica e al moog, Daniela Savoldi al violoncello e Andrea Faccioli alle chitarre. Una formazione ideale per esaltare la vocalità del giovane Vasco che, dopo aver calamitato gli entusiasmi e gli applausi del pubblico martedì 26 agosto 2014 alla Cavea del Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, sarà
protagonista il 02/09/14 a Ponte Olio – Modena il 03/09/14 all’Arena
Parco Nord di Bologna, il 06/09/14 a Piazzale Ricciotti di Riofreddo (Roma) e il 16/09/14 a Carroponte
– Milano.
Vasco, crede sia importante per questa generazione riappropriarsi del futuro?
"Io personalmente sentivo molto forte questo desiderio di fare canzoni che parlassero di futuro adesso che il futuro è una parola con una connotazione quasi negativa e che viene detto e ripetuto che è tutto in crisi e che il
futuro non esiste più. Mi venivano delle canzoni liberatorie, allegre e
disperate. Con un’illogica allegria. Delle canzoni che funzionano come i
sospiri di sollievo, liberatorie. Volevo un disco da suonare durante la guerra, da ballare sotto i bombardamenti. Che fosse un incoraggiamento. C’è una frase che riassume un po’ il disco forse e dice che non c’è alternativa al futuro”.
Quali sono le Costellazioni che illuminano l’immaginario di Vasco Brondi?
"Prima di tutto penso che sia la realtà, quello che ho dentro e che ho attorno. Il presente.
Credo che questi siano i nostri tempi e i nostri posti e tutto parte da qui,
sono i migliori in cui vivere a da cui partire perché sono quelli che abbiamo.
I CCCP dicevano “non a Berlino ma a Carpi” credo che il concetto sia quello. Il
posto in cui succedono le cose si sposta con te”.
Definirebbe il suo modo di fare musica punk sentimentale?
"Credo che potrebbe essere. Tra l’altro il punk credo che anche se non sembra sia una
musica molto sentimentale perché è eccessiva, è urgente, è piena di ferite, di rabbia e di felicità, è molto corporea e come si sa i sentimenti risiedono nel corpo non nella razionalità. Per me è importante fare una musica che sia
trasparente, una musica in cui si vede tutto, in cui non mi devo difendere ma
devo soprattutto aprirmi e cercare di raggiungere gli altri".
Come è organizzato il nuovo live show?
"Abbiamo cambiato un bel po’ di cose e ci siamo immaginati questo concerto a cielo
aperto. Abbiamo anche esasperato una certa atmosfera di festeggiamento senza
senso che c’era nel tour nei club, è ancora più movimentato. A Firenze anche grazie al posto bellissimo in cui suoneremo ci siamo immaginati un concerto impossibile che sta tra il teatro e la discoteca. Con cortocircuiti tra
strumenti musicali e atmosfere che di solito non stanno assieme, fisarmoniche e
musica elettronica, violoncelli e chitarre distorte. Il tour di questo disco è
come fosse ambientato in un bar immaginario che sta tra la via Emilia e la Via
Lattea. C’è una parte acustica, una parte elettrica e una parte elettronica".
Le sue composizioni sembrano suggerire che non è più il tempo di cantare Battisti …
"In realtà credo che Battisti a suo modo abbia fatto delle canzoni eterne per cui ci sarà sempre
un tempo. Per lui ho un affetto particolare perché insieme a Mina è come facesse parte della mia famiglia. Erano le uniche canzoni che ascoltavano i miei a casa, gli unici dischi che c’erano. Qualche anno fa per la prima volta
ho ascoltato un disco di Battisti di mia volontà e mi sono accorto che sapevo già tutte le canzoni a memoria senza essermene mai accorto. Sono canzoni
profonde e popolari che in qualche modo fanno parte di noi anche se non lo
sappiamo".
Le arti visive e il dialogo fra le arti sono per lei fonti di ispirazione?
"Per me sì, tra l’altro per ogni disco mi piace molto lavorare sulla copertina e
sulla grafica con disegnatori che amo come Gipi, Andrea Bruno, Marco Cazzato e per Costellazioni con Gialuigi Toccafondo. Normalmente lavoro con i disegnatori fin da subito, spesso sentono i provini o le canzoni in divenire anche prima degli
altri musicisti con cui suono. Mi piace capire con loro i colori del disco, pensare un’immagine che aiuti a evocare un’atmosfera. In questo caso la copertina è una ragazza che sembra una madonna ma con il rossetto, una specie di santa protettrice del disco e delle storie che si sono dentro. Potrebbe essere anche la protagonista di una canzone, protettiva e distratta e che pensa
soprattutto a se stessa".
C’è ancora spazio (ideale) per la politica?
"Le canzoni credo che in tre minuti dovrebbero avere dentro tutto, amore e guerra, ma la
cosa più importante è che abbiano dentro il soffio della vita. Le canzoni dovrebbero essere per me dei telegiornali poetici, quello che senti dentro e quello che ti vedi attorno. Fare canzoni è una politica senza bandiere da sventolare, consiste nel fatto di non avere paura e di affrontare le cose che
hai dentro e quelle che hai attorno".
Quali giovani story teller o band stima?
"Ad aprire molti di questi concerti abbiamo invitato Maria Antonietta e Nicolò Carnesi che amo
moltissimo. Entrambi molto giovani e hanno già fatto due dischi splendidi. I loro dischi sono anche stati un po’ la colonna sonora dei viaggi in furgone da un concerto all’altro”.
Voto
8
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