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  06/05/2024 - 02:08

 

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Giardino Chiuso
Lettere a Casais Monteiro
Viaggio intorno a Fernando Pessoa
Con Torao Suzuki a fabbrica Europa 1998

 




                     di Margherita Micali


Uno, nessuno e centomila; non una doppia identità, ma ben tre identità diverse, assestanti, quella che è la spersonalizzazione, la molteplicità dei ruoli visti come forma straniata di se stessi. Ruoli in cui, come dice Pirandello, l'uomo tende per evadere, ma che teme, al tempo stesso, per l'ansia di non potersi più riconoscere in un modello fisso e rassicurante. Così, Pessoa si costruisce spontaneamente i suoi eteronimi, dei quali volta volta confessa di diventare strumento, limitandosi a trascrivere ciò che da loro gli viene dettato.

E' appunto la genesi di questi suoi eteronimi, l'argomento delle lettere del poeta portoghese a Caisas Monteiro, riprendendo le quali Torao Suzuki</a> e il gruppo del Giardino Chiuso hanno costruito il loro spettacolo. Di Fernando Pessoa si sono occupati in tanti: citiamo il musicista Andrea Chimenti in QOHELET e naturalmente Antonio Tabucchi, che rimane particolarmente colpito da Pessoa, tanto da curarne un'approfondito studio e le traduzioni. Ma torniamo al Pessoa di Suzuki.

Un Pessoa inquieto vaga sulla scena presentando i suoi "conoscenti inesistenti"(come lui stesso li definisce), sempre accompagnato dalla danza di ballerini che lo seguono, lo sfiorano, lo avvolgono, come se Alvaro de Campos, Ricardo Reis e Alberto Caerio si stringessero al loro demiurgo, in continua ricerca di un'identit&agrave; da confermare, frenetici e malinconici, adeguando il ritmo dei loro movimenti a ogni tono, ad ogni vibrazione. Cos&igrave; l'emozionalit&agrave;, la contraddittoriet&agrave; del poeta, vengono tradotti in movimento, parola e gesto. "La letteratura, come tutta l'arte,&egrave; la dimostrazione che la vita non basta". E' questa la consapevolezza, madre degli "altri se stesso" di Pessoa. Fino alla progressiva presa di coscienza che questi diversi aspetti in conflitto della sua personalit&agrave; non compongono, fondendosi un'interezza, in cui potersi riscoprire, riunendo il puzzle. Ogni identit&agrave;, ogni personaggio &egrave; condannato ad una solitudine che rimane uguale a se stessa. E come Enrico quarto sceglie, diventando tale, un "esilio volontario dal mondo" quale unico modo possibile per poterlo osservare veramente nella falsit&agrave; delle sue forme e valori, cos&igrave; Fernando Pessoa con una lucidit&agrave; venata di ironica follia, danza fra i suoi tre esili volontari in cerca non gi&agrave; di verit&agrave; sconosciute, bens&igrave; di "nuove maniere di fingere..."

Voto 8 

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