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  29/03/2024 - 16:28

 

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Don Chisciotte
Frammenti di un discorso teatrale, da Miguel De Cervantes
Regia Maurizio Scaparro, adattamento di Rafael Azcona, Tullio Kezich e Maurizio Scaparro, con Pino Micol, Augusto Fornari e altri sei attori, tre musicisti e tre pupari, scena Roberto Francia, costumi Lele Luzzati, musiche Eugenio Bennato, coreografie Mariano Brancaccio, disegno luci Gino Potini
dal 14 al 19 febbraio 2006 al Teatro della Pergolqa di Firenze, il 22 febbraio 2006 al Teatro dei Rozzi

 




                     di Giovanni Ballerini


Dopo più di vent’anni – La prima edizione era del 1983 – Maurizio Scaparro è tornato a confrontarsi con Don Chisciotte attraverso i frammenti di un discorso teatrale. L’approccio non è un ennesimo tentativo di esplorare il testo di Cervantes, ma una riuscita allegoria teatrale, della festa che riflette la società nelle sue contraddizioni e dell’utopia carnevalesca e l’amore di Cervantes e di Don Chisciotte per il teatro. L’eroe finisce per ritrovarsi in un teatro in disuso, luogo congeniale per vicende irreali a base di ombre, rumori, azioni sceniche. Il teatro si trasforma nel luogo ideale per far vivere le avventure tutte mentali dell’Hidalgo: solo nel mondo dell’illusione può realmente svolgersi la rappresentazione della finzione e della menzogna. Nella versione di Scaparro, Don Chisciotte non incontra tutti i personaggi del romanzo di Cervantes, ma solo quelli che hanno a che fare con il teatro: gli attori di una compagnia, gli attori di una sacra rappresentazione, i burattini, cioè i Pupi dei figli d’Arte Cuticchio. È in questo contesto che Don Chisciotte prende progressivamente coscienza della vacuità delle sue illusioni. Lo scontro finale sarà risolutivo. Ma sogno e follia sono più vicini di quanto non si pensi.

Lo spettacolo, che è stato invitato anche in Spagna per le celebrazioni per i quattrocento anni del romanzo di Cervantes, pur facendo leva su una narrazione metateatrale, si sviluppa tutto sommato in maniera tradizionale. Un teatro di parola, d’attore, più che di azione, forse un po’ troppo farsesco, ma sicuramente adatto a conquistare (e far pensare) i gusti del grande pubblico. 

Il protagonista è lo stesso della prima edizione, il bravo Pino Micol mette in scena un Don Chisciotte ingenuo, iracondo, sconsolato, talmente irreale e consueto, da sembrare il contrario. Al suo fianco, al posto di Beppe Barra (Sancho Panza nel 1983) si muove con energia e verve un disincantato Augusto Fornari, che fa da scudo al suo condottiero e al pubblico, rispetto alle elucubrazioni donchisciottesche e alle incursioni schernitrici degli altri attori in scena, che sembrano irridere più che il cavaliere un po’ tutto il genere cavalleresco.

La lettura ragionata di Scaparro riesce insomma a non stravolgere il senso del racconto, tratteggiando allo stesso tempo una precisa identità (teatrale) a un Don Chisciotte che preferisce il dramma dell’inazione a quello dell’azione. L’ adattamento, oltre che dal regista romano, è firmato da Rafael Azcona e Tullio Kezich; le scene sono curate da Roberto Francia ed i costumi da Emanuele Luzzati. Eugenio Bennato, musicista da sempre attento alle culture e tradizioni popolari dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è autore delle musiche, Mariano Brancaccio è ideatore delle coreografie. In scena, accanto agli attori, ci sarà spazio anche per i pupi di Filippo Verna Cuticchio, rappresentante della famosa dinastia di pupari siciliani.

Voto 7  

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