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  23/04/2024 - 11:34

 

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Pupi e Fresedde
Le Tre Verità di Cesira
Di Manlio Santanelli, regia di Angelo Savelli, con Gennaro Cannavacciuolo, e la silente partecipazione di Nicola Pecci
Uno degli spettacoli più divertenti ed amari della recente drammaturgia italiana, dal 21 ottobre al 4 novembre 2006 al Teatro di Rifredi

 




                     di Tommaso Chimenti


Cesira torna a casa. Dopo vari peregrinaggi e scorribande europee, Francia, Svizzera, di recente Belgio, addirittura Vilnius e dopo il Teatro di Rifredi (fino al 4 novembre, 14, 12 euro, 055.4220361) volerà a Tirana, il testo di Manlio Santarelli, dalla stessa penna tra gli altri “Pulcinella” con Massimo Ranieri e “Uscita d’emergenza”, festeggia i venti anni nel teatro dei Pupi e Fresedde.

Con “Le tre verità di Cesira” Mordini e Savelli, regista, cominciarono la lunga e fortunata stagione del teatro d’appartamento nelle abitazioni del quartiere fiorentino. Stavolta la scena si è spostata direttamente sul palco, come per “L’ultimo harem”, per ottanta spettatori a sera. Pubblico abbondantemente over 50. L’atmosfera è casalinga. Si scendono le scale, si passa davanti al camerino, che porta il nome del personaggio, “Cesira Scognamiglio”, e non dell’attore, Gennaro Cannavacciuolo. Avvolti in questo vicolo napoletano tra bassi scalcinati, una fotografia in bianco e nero proiettata, e mille panni colorati appesi, la voce di Mina riscalda.

“Se telefonando” accoglie, “E l’uomo per me” stende. Siamo ad un passo dal piccolo palco. Gennaro-Cesira, vestaglia in raso da geisha, acqua santa usata come profumo, foto di Maradona e bandiera del Napoli, è la donna baffuta in un omaggio sentito ai femminielli di via Toledo, al mondo omosessuale, al travestitismo. Le tre verità sono le spiegazioni che il nostro Cesira si è data sull’apparizione di quei baffi: è muffa, colpa dell’inquinamento o un miracolo? Il testo è cosparso di crudeltà e piccole vere tragedie, un mondo, emarginato e solitario che puzza di fiction (Cesira parla con immaginari bambini-Godot, inesistenti vicini di casa, fantomatici operatori televisivi o geometri comunali) e di voglia di apparire, uscire da quel buco senza sole. Stupri, un aborto, sfratto: drammatico e tragico, poco ironico. Cannavacciuolo è da spellarsi le mani. Mancano all’appello “Parole, parole” della tigre di Cremona e “Malafemmina” di De Curtis, forse anche “Madame” di Renato Fiacchini, che sarebbero cadute a pennello, come il cacio sulla pummarò.

Voto 8 

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