E' un romanzo breve o un racconto lungo Il libraio di Selinunte: si legge in poco più di un'ora, ma
resta in testa assai più a lungo per la naturale bibliofilia che spira in queste pagine, dove Roberto Vecchioni, classe 1943, ha incorniciato estratti vari di illustri colleghi del passato, da Fernando Pessoa fino a Lev Tolstoj, passando per Manzoni, Sofocle, Saffo, Shakespeare, Leopardi, Dante, Rimbaud, Proust, Borges e Dostoevskij. considerando la quantità (e la qualità) dei riferimenti intertestuali in neppure settanta pagine, già da tale (prestigioso) elenco si intuisce che questa favola metaletteraria è indicata per due
categorie ben precise di lettori: i lettori in erba e i lettori scaltriti, perché questa fiaba di Vecchioni, storico cantautore con numerosi album all'attivo, è un libro che mette voglia di leggere altri libri. La storia è ambientata a Selinunte, ovviamente, una
città i cui abitanti sono rimaste senza parole a vagare smemorati per le strade, dove non esistono più parole per descrivere i concetti in tutte le loro sfumature. L'unico a serbare ricordi del tempo in cui Selinunte 'parlava' come
tutte le altre città è Nicolino,
un ragazzo che l'autore elegge a voce narrante per spiegarci il concatenarsi di eventi favolosi che ha portato all'attuale stato di cose: l'unico che da bambino a conosciuto il libraio di Selinunte o, meglio, l'unico che ha voluto conoscerlo. Già, perché questo uomo misterioso e dall'aspetto singolarmente repellente, con le sue casse piene di libri e la sua strana vocazione a leggerli (più che a venderli), è stato respinto dalla comunità di Selinunte fin
dal suo arrivo. L'unico ad assistere alle sue letture pubbliche di grandi poeti
e romanzieri è stato proprio Nicolino, ben pronto a lasciarsi affabulare dai capolavori della letteratura mondiale nascosto dietro
a due pile di libri, per scoprire ad ogni sera un mare di emozioni e di storie
condensate in parole - e il desiderio irresistibile di rituffarsi nei mondi di
carta dei grandi scrittori -. Troppo bello per essere vero e per non innescare la pronta sanzione della cittadinanza ostile, troppo
'puro', troppo strano e vagamente inquietante: i prodigi che seguiranno - un'originale rielaborazione del pifferaio di Hamelin da un'ottica 'libraria' - condurranno l'intera
Selinunte ad un'afasia collettiva, o meglio ad una generale incapacità espressiva, logica punizione per chi ha impedito ad altri (con la violenza) di esprimersi. Il racconto 'prende' fin dalle prime pagine e si rivela particolarmente felice nella magnifica scoperta della letteratura da parte di un protagonista bambino, il solo rimasto immune dal virus dell'ignoranza linguistica sparsosi tra la collettività - in quanto l'unico a lasciarsi contagiare in precedenza dalla letteratura -: perché la letteratura è vita, ci rivela Vecchioni ne Il libraio di Selinunte, e la sua
scoperta cambia irreversibilmente, per sempre, la vita del neo-lettore.
Difficile pensarla diversamente...
Roberto Vecchioni, Il libraio di Selinunte, Torino,
Einaudi, 2004; pp. 68
Voto
8