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Volumi all'idrogeno
Torino Capitale mondiale del libro con Roma
In dodicimila per la kermesse di musica e parole
Live al Palaisozaki di Torino 23 04 2006

 




                     di Francesca de' Carolis


Volumi all´idrogeno, con un  titolo mutuato da Ginsberg – promotore del binomio flussopoetico-chimica con il suo Jukebox all'idrogeno, elemento realmente adoperato per alimentare il Palaisozaki, e contraddistinto da una lettera muta, H, in contrasto con l'intero evento – è una sinestesia della durata di quattro ore ininterrotte di musica per otto formazioni ,provenienti dalla stessa o quasi zona geografica, un flusso continuo di suono e parole, i sensi degli spettatori sollecitati in ogni direzione: le letture, i ritmi irresistibili, le videoinstallazioni da cui colano prosa, poesia, classici e contemporanei .

“Torino capitale mondiale del libro con Roma”, si legge nei manifesti che annunciano il concertone che ha luogo nel Palaisozaki, lo stesso palazzetto che due mesi prima aveva ospitato le gare delle olimpiadi invernali di Torino 2006.

Torino, che nell'arco di un solo anno ha deciso di mostrarci tutte le sue sfaccettature, mette l'evento nelle mani del direttore–ideatore Max Casacci, già chitarrista e mente dei Subsonica, oggi anche produttore di realtà indie con Casasonica e direttore artistico di un festival estivo appena nato ma che ha già ospitato grandi nomi, il Traffic Free Festival.

Naturale dunque che gli altri nomi in cartellone, siano già noti a chi ha presente un certo tipo di ambiente torinese, o ha anche solo partecipato alla prima edizione del festival citato poco sopra, nel quale la serata "I cieli di Torino" ha presentato le alterità musicali del capoluogo piemontese,oltre alle conclamate glorie cittadine Subsonica.

Questo forte imprinting territoriale risulta essere l'unica pecca, per un esibizione live di alto livello ben organizzata e assolutamente gratuita , che appare però un po' campanilistica e circoscritta alle esibizioni dei soliti noti.

Soliti noti che fa sempre piacere vedere, ma che forse sarebbe l'ora cedessero il passo.

Con un'ora e mezzo di ritardo, si abbassano le luci, e sui due megaschermi appare Zoe, 10 anni, lontana dalla canonica idea di bambina, piuttosto una piccola dea, sia per movenze che per aspetto, bella e fresca, protagonista dell'introduzione video a fianco di Parigi,un asino di 2 anni e mezzo che risponde con definizione da Devoto Oli alle parole che Zoe gli sottopone, parole chiave per poter assistere in modo corretto l'evento: "attenzione" non a caso è la prima, ed è inevitabile prestarne, a questi piccoli videoclip d'autore, dietro ai quali è riconoscibile la mano di Luca Pastore, noto videomaker torinese, e collaboratore di vecchia data dei Subsonica.

Terminato il video, ecco Zoe uscire sul palco, un palco che non passa inosservato, ospitando la strumentazione di otto gruppi diversi, per genere e numero di componenti, Zoe presenta Lalli, prima grande protagonista della serata.

La voce dei Franti, indimenticato gruppo punk anni 80 torinese, attualmente impegnata nel progetto Èlia, al fianco di Pietro Salizzoni,chitarrista e arrangiatore, sconta forse la colpa di essere la prima ad esibirsi, e un pubblico molto giovane attirato soprattutto dal nome degli headliner non sa fermarsi ad ascoltarne la voce vibrante, non fa caso all'eleganza dei suoi gesti e forse neppure alla magnifica versione di "The cats will know" di Cesare Pavese, eseguita assieme a Luca e Fabio dei Gatto Ciliegia Contro Il grande Freddo, le cui parole sembrano uno scherzoso monito ai convenuti ("udrai parole antiche, parole stanche e vane come i costumi smessi delle feste di ieri").

I Gatto Ciliegia , già più noti alla maggior parte dei presenti, eseguono Frozen Coffee alla presenza di Dario Voltolini, che appoggia su quegli inconfondibili arpeggi chitarristici le parole del capitolo Scimmie N°22 dal suo "Nazione Indiana", per lasciar posto a un momento di sola musica con Robertina Magnetti e Elena dei Perturbazione con "Io che amo solo te" dell'indimenticato Sergio Endrigo, proseguendo poi sempre all'indietro nella tradizione italiana attraverso la voce di Lalli con il successo di Mina "Nessuno", eseguito da Gatto Ciliegia con Gigi e Rossano dei Perturbazione.

La voce timida e vellutata di Tommaso Cerasuolo apre il momento dedicato ai Perturbazione cui suoni vanno in realtà semplicemente a sovrapporsi a quelli degli agli altri musicisti presenti sul palco, in una sorta di grande jam session , ed è con "Agosto" che il Palaisozaki inizia a cantare, Voltolini intervalla con un brano dal suo "I confini di Torino" , si prosegue con "Animalia", dall'ultimo disco, ancora una lettura di Voltolini ,stavolta da Douglas Coupland ,"La vita dopo Dio", fino alla conclusione di questa prima parte, con Lalli , Fabio dei Gatto Ciliegia e Perturbazione impegnati nell'accompagnamento ad un brano da brivido di Erri De Luca, "Per te che non ho conosciuto" , letto quasi con commozione da Voltolini , mentre campeggia sugli emozionati presenti uno schermo bianco a caratteri neri recitante "Noi siamo solo andata".

Si spegne la metà sinistra del palco, e da destra inconfondibili , si muovono sul palco le sagome di Cristiano Godano e compagni,un boato li accoglie, è la volta dei Marlene Kuntz, (che dopo l'abbandono di Dan Solo mettono al basso Gianni Maroccolo) e dopo una manciata di loro brani, da "Lieve" a "Amen", con le loro sonorità soffuse e distorte "sfidano" le parole di Shakespeare e Cervantes , e lo fanno con un gruppo che potremmo considerare la loro antitesi, cioè i Mau Mau di Luca Morino, con i suoni del sud colorati e tribali, per una versione unica di "Sonica" e del brano "Campeador de la vigna".

Il passaggio del testimone crea grande aspettativa quindi, ma la ripaga tutta, i ritmi selvaggi dei Mau Mau incrociano il rock dei Marlene, e lo si vede distintamente, tra tutti quei suoni , Don Chisciotte appeso alla pala del mulino a vento, ed è l'intero palazzetto a muoversi, un saluto a Godano e ai suoi e si riparte sul "Treno del sole" di Luca Morino, che avvalendosi di 4 percussionisti brasiliani ci porta a bordo dei brani dell'ultimo "Dea", disco che arriva dopo un lungo periodo di stand-by.

E' la volta degli Africa Unite , alfieri dei gruppi storici di Torino, nuovo disco anche per loro,"Controlli", e sei brani vecchi e nuovi, ed è durante "Sotto pressione" che viene il dubbio su chi avrebbe meritato d'essere headliner: irresistibili, il pubblico non smette di danzare e applaudire su quella ricetta ibrida di reggae, dub ed elettronica, finchè Bunna non viene raggiunto sul palco da Samuel dei Subsonica per una lunga versione di "Tonight", osannata soprattutto per la presenza dell'idolo delle molte teenager arrivate da tutt'Italia , il quale sa però il fatto suo quando si tratta di jamaican style, ed il brano è in effetti di notevole impatto.

Buio sul palco,pausa per i musicisti, schermi accesi: è il momento di "Kartakanta", notevole serie di interviste/performance di scrittori e attori accompagnati da diversi gruppi Bruno Gambarotta, con Fausto Amodei il bassista Vicio e Alessandra C che rileggono e traducono i Joy Division, Mao e Andrea Bajani che raccontano della Chapman e di Talkin 'bout a revolution , Margherita Oggero che interpreta Via con me e un inedito Culicchia che canta che non vuol camminare in giro con noi, su indicazione dei Ramones.
Belle, curiose, tutte diverse, queste piccole perle riprese, non sempre apprezzate, perchè non sempre dotate di ritmo, ma per fortuna Pastore il ritmo lo ha per tutti, inclusi quelli che filma, l'ultimo gruppo sono i linea 77, e per l'ubiquità che l'uso dei video concede, li vediamo fissati nello schermo e poco sotto , entrare sul palco,sulle note di "Evoluzione".

Il variegato pubblico del Palaisozaki si scatena, e la band di Venaria può dirsi ampiamente soddisfatta, quando dopo cinque brani, appaiono sul palco gli headliner,stavolta al gran completo per l'esecuzione di "66 (Diabolus in musica)".Sono le due di notte e il pubblico è ancora tutto lì.I Subsonica scelgono una scaletta forse un po' troppo tesa a esaltare un ultimo album, uscito oramai da un anno, non all'altezza dei precedenti, e sedici brani, anche se mescolati con successi del secondo e terzo album, sembrano davvero troppi.

E' tutto perdonato, anche la scelta poco ortodossa di lasciare in soffitta i brani del primo album,quando compare magicamente unAlessandro Baricco che non sembra affatto a disagio come sarebbe stato facile credere,sopra di lui spunta una strobo luccicante e luminosa, e si da il via alla sonorizzazione del capitolo XXIII di Moby Dick, di Hermann Melville, con un inedito strumentale, "Cullati dalla tempesta".

 Un momento suggestivo e paradigmatico dell'intero evento, quattro ore di musica e parole, un rapimento, per l'intero capitolo, dodicimila ostaggi della poesia.

Voto 8 

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