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Alessandro Carrera
La voce di Bob Dylan
Milano, Feltrinelli, 2001
Una spiegazione dell'America, un saggio di Alessandro Carrera

 




                     di Paolo Boschi


Scritto all’indomani dell’affermazione di Robert Allen Zimmerman alla cerimonia degli Oscar 2001 per la canzone Things have changed (tratta dal film Wonder Boys di Curtis Hanson), questo libro di Alessandro Carrera, classe 1954, docente di Letteratura Italiana alla New York University, saggista e scrittore, si dipana a metà tra la biografia appassionata (da parte di un inveterato frequentatore dylaniano) e la serrata analisi filologica, nell’anno in cui il sommo poeta del rock contemporaneo ha compiuto i fatidici sessant’anni. La voce di Bob Dylan è un efficace grimaldello per addentrarsi all’interno delle mille sfumature di una voce entrata nel mito per un artista capace di passare attraverso camaleontiche trasformazioni restando sempre fedele a se stesso. Allo stesso tempo il saggio di Alessandro Carrera costituisce il primo serio studio italiano sull’ultraquarantennale carriera di Dylan, cantautore rigoroso e prolifico, capace di produrre un corpus di oltre cinquecento canzoni, sostenere più di millequattrocento concerti, incidere cinquantadue album ufficiali (fino a Time out of mind), infinite versioni radicalmente diverse della stessa canzone o magari la medesima canzone eseguita sempre allo stesso modo, perché il verbo della contraddizione continua a soffiare energicamente nella storia personale di Bob Dylan, artista capace di dichiarare nel 1966 che il proprio motto è “non seguire mai niente”, sentenza incompatibile con l’essenza stessa degli estimatori dylaniani. Dal primo album del 1962 Dylan ha incantato generazioni di fans, passando attraverso innumerevoli svolte artistiche (la svolta elettrica, la svolta religiosa e così via) ma rimanendo coerente al suo ruolo di cantore della tradizione folk americana, capace di raccontare come nessun altro le mille contraddizioni degli Stati Uniti dell’ultimo quarantennio. Non a caso il sottotitolo di questa analisi a trecentosessanta gradi della produzione di Bob Dylan è “Una spiegazione dell’America”, perché la metamorfica voce del cantante-poeta del Minnesota nel corso dei decenni è stata un fil rouge capace di attraversare i momenti topici della controcultura americana – le contestazioni giovanili, la Beat Generation, Woodstock –. E dal 1996 Dylan è stato anche inserito ufficialmente tra i candidati al Nobel per la Letteratura: l’ennesima contraddizione di una carriera infinita? Forse, sicuramente l’approfondita analisi che Carrera intesse sui suoi versi aiuta a comprendere perché autorevoli accademici abbiano intravisto in Dylan uno dei poeti più significativi del secolo scorso.

Alessandro Carrera, La voce di Bob Dylan, Milano, Feltrinelli, 2001; pp. 304

Voto 7½ 

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