In
felice coincidenza con la messinscena allestita dalla compagnia dell’Arca Azzurra, con Alessandro Benvenuti
in veste di protagonista, è arrivato sugli scaffali delle librerie Nero
Cardinale, una commedia scritta da Ugo Chiti a metà anni Ottanta e
vincitrice del premio Riccione Ater 1987. Il testo drammatico è ambientato
durante il carnevale fiorentino del 1707 e racconta una pagina poco
nota della famiglia dei Medici tristemente avviata sul viale del tramonto.
Il Granduca Cosimo III dei Medici ha visto vanificati tutti i tentativi dei
propri figli per assicurare un erede alla dinastia che ha governato Firenze
nell’ultimo secolo. A Cosimo III ormai non è rimasto che spendere l’impropria
cartuccia costituita dal fratello minore Francesco Maria, secondogenito della
casata, da tempo rivestito della porpora cardinalizia e felicemente insediato
in quel di Lappeggi,
all’Antella, nei pressi di Bagno a Ripoli, dove ha allestito una vera e propria
corte all’insegna del buon vivere, di una filosofia disincantata e di carnalità
priva di pensieri. Soprannominato a giusto titolo Cardinal Cuccagna, Francesco
Maria viene convocato in una fredda notte di febbraio nel palazzo fiorentino
dei Medici ed apprende dall’imperiosa voce del fratello maggiore il proprio
destino, avvilente per certi versi, per altri forse intrigante: Francesco Maria
dovrà abbandonare la toga purpurea e “scardinalarsi”, sposandosi per assicurare
il bramato erede alla dinastia in sfacelo.
Forzando la propria indole godereccia Francesco Maria si lascia sedurre
dall’idea di scavalcare dinasticamente il fratello, al punto da rinunciare agli
agi del buen retiro di Lappeggi, per quanto la gotta e gli stravizi di
una vita gli renderanno impossibile riuscire nell’impresa di generare un erede:
il matrimonio prestabilito con la bella Eleonora Gonzaga di Guastalla risulterà
infatti sterile, ed allo stanco ex cardinale non resterà che confessare alla
sua “bandaccia” di un tempo di aver forzato invano la propria natura, prima di
lasciarsi trasportare sulle ali dell’immaginazione verso quel favoloso paese di
Cuccagna che gli aveva prestato l’epiteto più consono durante il suo periodo
cardinalizio. In estrema sintesi questa è la parabola biografica raccontata da Ugo
Chiti nel breve volgere di Nero Cardinale, un testo per la scena
peraltro generalmente ossequioso verso le fonti storiche di riferimento. Nella
dolceamara chiusa della commedia – naturale
(nel senso che sembra l’unico scioglimento possibile) quanto insostenibilmente
malinconica – corre l’obbligo di sottolineare come l’uscita di scena del
disincantato protagonista sia risolta con un trapasso felicemente sospeso a
metà tra sogno possibile e realismo onirico. La scomparsa dell’antieroico viveur
che mirò troppo in alto (e contro natura) finisce così per sancire il
definitivo tramonto dell’agonizzante dinastia dei Medici, ormai costretta a
smettere di dettare i mesi alle stagioni, sopraffatta da un mondo che avanza
per conto proprio.
Ugo Chiti, Nero Cardinale, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2002; pp. 120
Voto
7½
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