Come per Leonardo nel caso dell’enigmatico sorriso della Monna Lisa, anche l’indecifrabile
espressione de La ragazza con l’orecchino di
perla di Johannes Vermeer, pittore olandese di metà Seicento, ha
innescato numerose ipotesi sull’identità, di fatto ignota, della modella
ritratta nel dipinto. Un mistero intrigante, peraltro alimentato dalla scarsità
di notizie sulla vita dell’artista di Delft. La scrittrice americana Tracy
Chevalier ha colmato la lacuna lavorando di fantasia e tessendo una seducente
ipotesi sulla genesi del famoso quadro nell’omonimo romanzo, recentemente
traslato sul grande schermo dall’esordiente regista inglese Peter Webber, che
ha già raccolto consensi in tutto il mondo oltre a tre prestigiose nominations agli Oscar 2004 – un
piccolo miracolo per una produzione europea indipendente come questa –. La
storia prende avvio a Delft, alle soglie dell’inverno del 1665: per sfuggire
alla miseria familiare l’avvenente Griet viene assunta come servetta nella casa
del maestro Johannes
Vermeer, sposato con una moglie cattolica arrogante ed insicura che gli ha
dato una prole numerosa: una casa di fatto amministrata con piglio dispotico
dalla granitica e facoltosa suocera. Griet viene addetta alle pulizie dello
studio del maestro, con l’avvertenza di spolverare minutamente ogni cosa senza
spostarla di un millimetro. Un giorno dopo l’altro tra la timida ragazza ed il
pittore s’instaura curiosamente una relazione che travalica il normale rapporto
tra serva e padrone, un’impalpabile corrispondenza di animi intimamente avvezzi
all’arte, perché nonostante la sua limitata istruzione Griet sembra non
ignorare i nessi cromatici, rivela un talento innato per la composizione, è
affascinata dai colori ed intuisce la valenza della luce nei dipinti di
Vermeer. Mentre la relazione si dipana sull’esile filo che separa l’affinità
elettiva dall’attrazione fisica, la ragazza finisce per colpire l’occhio del
torbido mecenate del padrone, che commissionerà espressamente al suo protetto
il ritratto della ragazza. La fine è nota: tra un’inoppurtuna seduzione ed un
capolavoro immortale Vermeer lascerà che le circostanze (e la gelosia della
moglie) gli impongano la seconda opzione. Il dipinto in questione, noto anche
col titolo di Fanciulla col turbante, turbò non poco i moralisti coevi
per l’espressione sensuale della modella, ritratta in una mise enigmatica
e seducente al tempo stesso, peraltro con le labbra inumidite (dettaglio
unanimemente giudicato inopportuno). La ragazza con
l’orecchino di perla, pur nell’esprema semplicità dell’immaginosa
trama, si rivela un
film latore di un’ininterrotta fascinazione visiva: da compito ex studente
d’arte l’esordiente Peter Webber costruisce le sue scene filmiche come
un’impeccabile sequenza di dipinti, riuscendo nel non facile intento di ricreare
l’atmosfera (e la luce crepuscolare, particolare non secondario) della pittura
olandese di fine Seicento. A rendere il film un piccolo gioiello contribuisce
non poco la recitazione ‘silenziosa’ di Scarlett Johansson,
sempre più brava ad ogni sua nuova interpretazione nonostante la giovane età.
Una vera delizia per gli occhi. Una pruderie
per l’immaginazione. Non c’è che da augurare a questo film ogni fortuna in
vista della notte delle stelle…<
La ragazza con l'orecchino di perla - The girl with a pearl earring, regia di Peter Webber, con Colin Firth, Scarlett Johansson, Tom Wilkinson; drammatico; Gran Bret./Lussemb.; 2003; C.; dur. 1h e 35'
Voto
8
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