The golden bowl
Le divorce
La contessa bianca

Al centro di The golden bowl - ennesima traslazione sul grande schermo di un romanzo di Henry James da parte dell'habitué letterario James Ivory (dopo I bostoniani e Gli europei) - è la storia di un doppio matrimonio intrecciato in una rigida struttura a chiasmo che sfiora l'incesto senza palesarlo. Da una parte c'è il principe Amerigo, aristocratico romano di lungo corso ma ormai in aperto dissesto finanziario, che per risollevarsi economicamente decide di sposare Maggie, ricca ereditiera figlia di Adam Verver, il primo miliardario americano, trasferitosi a Londra come base di partenza per le sue razzie artistiche in Europa. Il magnate finirà per sposare un'amica d'infanzia della figlia, ovvero Charlotte Stant, americana con vocazione al vecchio continente, nonché ex amante del nobile italiano ad insaputa di Maggie. Il giorno delle nozze tra Amerigo e l'ereditiera accade che sia proprio il principe a ricevere Charlotte ed accompagnarla in cerca di un dono per l'amica: da un antiquario i due trovano una splendida coppa di cristallo dorato, ma la scartano perché Amerigo si accorge di un'incrinatura. Nel frattempo Maggie ha un figlio e quando, qualche tempo dopo, l'amato padre sposa Charlotte, inevitabilmente la vecchia relazione tra il principe e la bella 'suocera' riprende nuova linfa, anche in virtù del fortissimo legame tra padre e figlia, i rispettivi consorti. Sarà proprio la coppa d'oro, reperita per caso nello stesso negozio d'antiquariato, ad aprire gli occhi all'ingenua Maggie che opererà lucidamente quanto necessario per salvare il proprio matrimonio in collaborazione del padre, che pure aveva scelto d'ignorare l'adulterio. Ivory si rivela abile a sintetizzare in poco più di due ore il romanzo-fiume di Henry James, il migliore della sua carriera a giudizio dell'autore anglo-americano, incentrato su un torbido intreccio familiare tra il 1903 ed il 1909. Impeccabile anche la resa scenica della lussuosa cornice di questo strano ménage a quattro: Ivory ricostruisce fedelmente gli scenari d'inizio Novecento dell'high class europea, tra feste ed agi vari, divertimenti futili, chiacchiere vane e splendidi costumi. La coppa d'oro che svela la vicenda palesando un rapporto sommerso ma intuibile assume, come di frequente nella narrativa jamesiana, una forte valenza simbolica: una famiglia ed uno stile di vita apparentemente perfetti ma con una crepa in agguato a guastare l'insieme. Un'allegoria evidente ma comunque aperta a molteplici interpretazioni, che ben si incastra nella ricca ragnatela simbolica tratteggiata nel film. The golden bowl convince anche a livello di cast: un Jeremy Northam sempre più bravo, il solito Nick Nolte, un'ingenua Beckinsale ed una torbida (e sensuale) Uma Thurman. Il solito exercice de style di grande livello firmato da James Ivory.

Voto 7-