Il Giappone riserva sempre delle sorprese, e questo non
può essere altrimenti, visto gli innumerevoli film di autori affermati come
Miike e Kurosawa che si impongono nel palcoscenico mondiale, lasciando lo
spazio ad autori giovani emergenti e vecchie glorie. In questo solco storico di
bruciante ricchezza cinematografica, esiste sempre qualcosa da scoprire.
Quest’anno tocca a Jun
Ichikawa, autore pressoché sconosciuto in occidente, ma che ci ha regalato
perle di inaudita forza espressiva. Il primo film che abbiamo visionato è il
suo debutto alla regia, Busu. Il film segue le vicende di una ragazza che va a
vivere in città dalla zia , tenutaria di un locale di geisha. Il passato
tormentato della madre s’insinua nella vita della ragazza, confrontandosi con
una realtà scolastica grigia e una volontà istintiva di allontanarsi dal mondo
tradizionale che apparteneva alla madre. Questa difficoltà di riconquistare una
identità si trasforma in ribellione, anche se la ragazza trovare nelle
tradizioni i motivi di rivalsa, affrancandosi alla vita e scoprendo un nuovo
amore. Opera agile nel dipanare la trama, che diventa lo sguardo denso su i
moti sentimentali della giovane protagonista, con attimi visivi penetranti. Una
delle opere più famose è il citato Tokyo
Marigold, dove si racconta gli eventi riguardanti Eriko che ha appena rotto
con il suo fidanzato, si ritrova alla deriva. Dopo aver trovato un nuovo
lavoro, insieme ad un gruppo d’incontro per chi cerca l’anima gemella, incontra
Tamura, un impiegato modello. Tra i due s’instaurea un rapporto sentimentale,
anche se Tamura confessa di avere la fidanzata che studia all’estero. In questa pellicola lo sguardo di Ichikawa
segue da vicino gli istanti emotivi dei personaggi, attraverso piani fissi che
si pongono come lenti che evidenziano la fragilità umana dell’agire: stati
d’animo che si intrecciano intorno a Eriko e Tamura, svelando un destino che
modifica i loro sentimenti, in maniera definitiva. Capolavoro invece per quanto
riguarda Dying
at in hospital che racconta di cinque storie dentro in un ospedale, dove i
pazienti sono inquadrati in campo
medio, per descrivere il dolore di una esistenza che ha nella malattia il suo
nemico. L’amore è la speranza di un affetto che rimanga oltre la decadenza del
corpo, evidenziando un umana forza rivelatrice che porta in essa i sentimenti
dei cari e di una vita che non ci sarà più. Un film di commovente bellezza che
non ricatta lo spettatore, ma si avvicina umilmente al soggetto trattato senza
cadere nel pietismo. Uno dei film più recenti dell’autore è sicuramente lo
spiazzante Tadon and Chikuwa che racconta all’inizio di un tassista che immerso
nel suo transfert spazio-temporale che lo costringe il lavoro, lo porta ad
ossessionarsi al tadon una carbonella di forma tonda, scagliando la sua irragionevole
rabbia su un cliente. Nel secondo episodio un poeta in crisi si trova allo
sbando, chiuso nella gabbia dei suoi pensieri, desideroso di mangiare un
chikuwa ( un involtino di pesce ) attraversa la città di notte, quando arriva
in un locale di un suo amico, la sua furia interiore esploderà. Ichikawa
esplora due vite alienate con solito piglio documentaristico per descriverne la
loro deriva mentale, suggerendo un finale che congiunge i due episodi, a
dimostrazione del senso di perdita della realtà che i due protagonisti vivono,
come testimonianza di un mondo incapace di guardare all’umano sentire. Passando
dalla bellissima mini rassegna dedicata a Jun Ichikawa, i film della selezione
giapponese si è divisa tra la scemenza videoclippara di Kisarazu
Cat’s eye di Kaneko Fuminori, e l’innocua commedia nera Showa Kayo
Daizenshu di Shinohara Tetsuo. Vera sorpresa è stata The
Twilight Samurai del veterano Yamada Yoji, che segue le vicende di Seibei,
un samurai che sbarca il lunario come impiegato nell’ufficio del clan, nel
periodo dello shogunato Tokugawa ( 1600-1867 ). La sua vita a casa è misera,
dopo la morte di sua moglie, deve badare a due figli piccoli e alla madre
senile. Quando un suo amico, gli dice che sua sorella Tomoe ha abbandonato il
marito ubriacone, i due s’incontrano, e lei si innamora di lui. Quando il
marito di Tomoe lo viene a sapere sfida a duello Seibei che lo sconfigge con un
bastone. La fama dell’ex-samurai arriva fino ai reggenti del clan, che sotto
lauto compenso gli chiedono di uccidere Zenemon, un samurai che ha perso nelle
lotte di successione al clan. In questo senso il duello tra Seibei e Zenemon,
diventa lo specchio di un mondo in declino, come segnale della fine del periodo
dei samurai, ma che già nell’esistenza difficile del protagonista raccoglie la
drammaticità di un cambiamento irreversibile. La storia d’amore tra Seibei e
Tomoe, ha i toni sommessi di un melò senza speranza per la sfiducia del samurai
nel futuro che ha una funzione emotiva di grande presa . Un film bellissimo che
ci riporta alla memoria il grande cinema del passato di questa terra
intrigante. Il cinema giapponese ha una ricchezza tematica ed espressiva che
rimane da sempre una delle cinematografie imprescindibili dell’estremo oriente.
Voto
7
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