Blade Runner 2049, 2017
Blade Runner The final cut, 2007
Blade Runner 2049 è un bel film di fantascienza, che coglie
l’immaginario 2.0. E, con l’enfasi tecnologica di oggi e, grazie al talento di una regia visionaria, riesce a espandere, ad attualizzare – senza andare in contraddizione – le atmosfere del mitico Blade Runner, diretto nel 1982 da Ridley Scott (che del sequel è produttore esecutivo). L’accoppiata vincente fra il grande direttore della fotografia Roger Deakins e Denis Villeneuve, che si conferma uno dei più illuminati registi dei nostri giorni, fa sicuramente la differenza rispetto a tanti altri film fantasy che si vedono in giro. Se insomma non si perde tempo a fare inutili e capziosi paragoni fra la storica pellicola ispirata dal romanzo Do Androids
Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick e quella nuova, che è uscita nelle sale cinematografiche italiane il 5 ottobre 2017, si rischia di farsi coinvolgere positivamente per quasi tre ore di buon cinema. Al bando qualsiasi nostalgia canaglia: come nello slow food,
uno dei segreti è rivalutare la lentezza. Se non si ha fretta è bello immergersi in questo film piacevolmente pittorico in cui anche gli
ologrammi diventano personaggi di primo piano. Una deriva espressionista da
mangiare con gli occhi (più difficile, ma non impossibile, divorarla anche con gli orecchi, vista la colonna sonora un po’ ansiolitica di Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch, che
sottolineano le azioni con vampate elettroniche dalle cupe e profonde frequenze).
Di primo piano il cast che in una narrazione apocalittica e distopica appar=
e un po’ algido nella recitazione. Ma, forse, visto che in gran parte si tratta di androidi, la cosa è voluta: "C'è un ordine nelle cose.
Questo facciamo qui: manteniamo l'ordine!". Del resto l’antieroe agente
K (Ryan Gosling) è un
replicante ubbidiente che ha qualche sussulto emozionale per la sua fidanzata virtuale Joi (Ana de Armas), che è un ologramma e quindi, anche se possiede una verve insospettabile, la sua sensibilità tende all’immateriale. Il resto è lavoro. E, quindi, cacciare (ritirare) vecchi replicanti Nexus ribelli, rendicontando l’attività al Tenente Joshi (Robin Wright), si trasforman in routine. Logico sottolineare la cosa con un certo straniamento. Neanche l’ira ordinata
di Niander Wallace (Jared Leto), il fondatore dell'azienda Wallace Industries che produce i replicanti moderni e l’affannarsi di Luv (Sylvia Hoeks), la sua replicante da combattimento, scompigliano più di tanto l’ap ilomb dell’agente K. Ci vorrà l’adrenalina del redivivo Rick Deckard (Harrison Ford)
per dare una scrollata emotiva al plot. E l’incontro fra i due sarà (anche dal punto di vista attoriale) più di un semplice passaggio di testimone fra i due blade runner. Non è necessario insomma essere fan
dei sequel per accorgersi che il film di Denis Villeneuve sia un tentativo riuscito di delineare, attraverso una narrazione intrisa di fantascienza esistenzialista, l’estetica di un futuro incerto.
Voto
8