Truffaut è il cinema. Così
si dovrebbe riassume in poche parole il lavoro, la passione e l’impegno di un
uomo che ha donato alla settima arte il suo animo d’artista, diventando un personaggio unico
nel panorama cinematografico e culturale mondiale. Un maestro celebrato e
consacrato, indipendente da qualsiasi logica di mercato. Truffaut
è anche ricordato come il giovane critico che dalle pagine dei Cahiers du cinéma lanciò la sfida al vecchio cinema francese,
deciso a costruire insieme a Godard, Rivette, Rohmer, Chabrol, Resnais, un cinema
inventivo che prese il nome di Nouvelle Vague.
Prima di
tutto, l’infanzia del Nostro è stata contraddistinta dalla misera, e
oltretutto era un bambino difficile, che trova nella figura di Andrè
Bazin ( fondatore dei Cahiers)
il padre che non ha mai avuto, facendogli conoscere da vicino gli incantesimi
di questa arte. Truffaut è sempre stato un uomo
passionale, grande amante del suo lavoro, e appassionato amante per le sue
attrici. Ultima compagna, prima della prematura morte a causa di un male
incurabile, è stata Fanny Ardant,
con cui ebbe anche una figlia. Il meritevole intendo
degli autori, è quello di ricostruire la vita del regista, attraverso i ricordi
e le testimonianze, documenti e lettere di lui e dei suoi collaboratori e amici. Questi aneddoti diventano le
tracce di un romanzo coinvolgente, che testimoniano la grande
umanità di François Truffaut. A ben vedere Il lato nascosto di François
Truffaut è molto più interessante, di quello
ufficiale che conosco tutti. Della sua infanzia triste, poi dell’adolescenza al limite della delinquenza, ha covato dentro una violenza
ribelle che si trova nei suoi passi successivi. Nella sua conflittualità
nel mondo, nella vana speranza di trovare un collocamento, vi è il sentore
romanzesco di un destino segnato. Infatti Balzac
fu uno dei suoi scrittori preferiti, che manifesta
l’apprendimento onnivoro di Truffaut, che mantenne
con la cultura un rapporto quasi fisico, cannibale; per il giovane autodidatta
la vera vita cominciò fuori della scuola, ai limiti della delinquenza, fra i
lavori artigianali, le amicizie e i cineclub. Il giovane Truffaut
ha amato i libri e i film, perché erano il suo rifugio: l’unica possibilità di
evadere e costruirsi una coscienza Da quel momento trabocca una passione
spasmodica che lo porta a ritagliare articoli, creare fascicoli con i nomi di
scrittori e attrici, attori, per dare vita a un mondo
suo, allontanando la solitudine. Con il passare degli anni, François Truffaut non ha
smesso di aumentare e di arricchire i suoi dossier diari personali,
corrispondenze amorose, amichevoli o professionali, ecc.,
che oggi sono tenuti con cura negli uffici di Les Films du
Carrosse, in passato la sua società di
produzione. Sicuramente la vita del regista è stata una fonte creativa, perché
si presentava come materia feconda di possibile trame,
che permetteva di collegare fra loro i vari momenti della sua esistenza. Da il mitico I quattrocento colpi , il cineasta è
innegabilmente figlio della sua opera, inventando la storia delle sue origini
attraverso il personaggio di Antoine
Doinel, che è allo stesso tempo lui stesso e un
altro, poiché questo figlio del cinema è appartenuto subito a tutti. Il cinema
e la vita s’incrociano spesso nelle pellicole di Truffaut,
animato dal vedere riprodurre le sensazioni dal vero, per non tradire il
bambino indomito che è in lui. Un libro affascinante, che ci svela i segreti di
una vita conosciuto esteriormente, che pagina dopo pagina, ci porta
inevitabilmente a conoscere i magnifici anni del passato, e le gesta di un grande regista.Un libro che non può mancare nella libreria
di tutti.
Voto
9