Diciamolo subito: John Sayles è un grande. La sua capacità di fare cinema fuori dalle ferree regole hollywoodiano, lo hanno reso celebre ai festival di tutto il mondo, soprattutto per la sua caparbietà da indipendente rimasta tale dagli anni ottanta, quando ha mossi i suoi primi passi sul set dell'ormai mitico Return of the secaucus 7. Lo spirito libero di Sayles è visibile nella sua determinazione da regista, pronto a scavare nella realtà americana ( vedi Lianna o City of Hope ), nel portare alla luce momenti storici come in Matewan o Otto uomini fuori, con lo scopo di rendere visibile le profonde matrici culturali e etniche che uniscono gli Statu Uniti, senza abbandonare l'autenticità dei sentimenti e le profonde contraddizioni di questo macro stato. Il ruolo di Sayles nel cinema americano indipendente è importante, ed insieme a Jim Jarmush e Spike Lee sono i nomi che si sono affermati dopo la New Wave newyorkese degli anni ottanta, sprigionando ognuno uno stile proprio e riconoscibile, con la solida affermazione dei singoli principi autoriali anche dentro i grossi studios. Sayles è sicuramente il nume tutelare di questa creatività cinematografica, fuori dagli standard hollywoodiani, visto che ancora oggi sviluppa le sue idee insieme alla moglie Maggie nella loro casa di Stanfordville a due ore di macchina da New York, con il totale controllo sul montaggio e sulla sceneggiatura. Sayles ha mosso i suoi primi passi dentro la fucina di talenti di Roger Corman, ed è diventato poi un'abile sceneggiatore per piccole produzioni come Piranha di Joe Dante o Alligator di Lewis Teague, e grosse produzioni come l'imminente The Alamo di John Lee Hancock. Un'identità versatile e, lontana da ogni condizionamento, che rende Sayles una delle figure più versatile del cinema americano, capace di affermarsi nella letteratura con racconti e romanzi di grande spessore storico e narrativo, tanto rendere indispensabile una lettura delle sue opere per comprendere appieno le tematiche del regista. Un autore che mette al centro dei suoi interessi gli uomini e le donne nel reticolo dei rapporti personali e con la storia, per dare vita ad un'indagine emozionale che svela intrecci e destini inestricabili come nel bellissimo Stella solitaria o Angeli Armati. Questo bellissimo saggio edito in occasione della 39° Mostra Internazionale del nuovo cinema svoltasi a Pesaro, dove è stato possibile vedere tutte le opere dell'autore, si apre con una bella prefazione dell'amico regista Davide Ferrario, per poi muoversi lungo il percorso del cinema indipendente americano degli anni ottanta, con interventi di Franco La Polla e Guido Chiesa, per poi analizzare da vicino le tematiche di Sayles con interviste e interventi saggistici di autorevoli critici come Roy Menarini, Gianni Canova, Leonardo Gandini, Giona A. Nazzaro. Piuttosto interessante il capitolo dedicato all'attività letteraria dell'autore, scritto con passione da Violetta Bellocchio. Un'opportunità unica per conoscere e cominciare ad apprezzare l'opera di un regista unico nel panorama americano.

Voto 8