Il Priore Enzo Bianchi, è un bel signore dal viso aperto e dal sorriso buono, si è laureato in Economia
e Commercio e poi alla fine del 1965 , quando aveva poco più di vent’anni è
andato a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea,
con l’intenzione di fondarvi una Comunità
Monastica. Progetto che ha cominciato a prender corpo qualche anno dopo nel 1968, quando ha scritto
la regola della comunità ed è stato raggiunto dai primi fratelli.
Se pensate al 1968 e al suo clima veramente una
scelta di vita e di pensiero originale, controcorrente, molto profonda. Anni quelli come terreno di coltura dell’ideologia intesa come sistema di miti
che promette il raggiungimento della felicità secolarizzata , cioè totalmente infraterrena, anni di diffusa situazione di
insoddisfazione, soprattutto giovanile, derivante dalla disgregazione dei
valori dominanti, progressivamente erosi da un modello di società opulenta
incapace a sua volta di rispondere ad attese di profilo diverso
dall’innalzamento del livello materiale di vita .
In questo humus sociale carico di
insoddisfazione ed insieme di attesa
di un mondo “nuovo” liberato da costrizioni e da ingiustizie cresce il
rifiuto della new way oh life vagheggiata dalla cultura liberal
- iluminista predominante in Occidente, il giovane Bianchi fonda la sua regola.
Il fondatore e poi Priore Enzo ( che
però sua madre, piena di fede, aveva battezzato Giovanni) nasce da una famiglia
povera: il suo babbo era stagnino ma per tirare avanti faceva anche il
barbiere, il vetraio, l’elettricista e
la mamma era malata di cuore era stato
svezzato sotto le bombe della seconda guerra mondiale e forse anche per questo
che tutti a Castel Boglione
fin da piccolo dicevano che era un po’ trunò, un po’ sonato. Invece Enzo Bianchi non è suonato per niente e
vivendo spiritualmente dalla fine degli anni 60 un mix di cultura preghiera è arrivato
nella primavera del 2008 a scrivere: il Pane di ieri. Il libro è dedicato a Roberto Cerati e la motivazione è perché insegna con
brevi parole e con il silenzio.
Ecco a stessa cosa si può dire di lui, di Bianchi in
questo libro lui insegna con brevi parole, con racconti brevi, raffigurazioni, storie e volti della sua giovinezza e
della sua esistenza fino ad oggi.
Questo del Priore frate Enzo, che fa
anche l’editore perché nel 1983 ha creato la casa editrice: Qiqajon dal nome dall’alberello che Dio fece crescere
sopra la testa del profeta Giona per dargli un momento
di gioioso e gratuito riposo nella frescura, è’ un
libro sul tempo quello atmosferico e quello che passa, sul cibo, sull’amicizia e sul vino attraverso storie piene di amore per la terra
Ricordi, meditazioni e insegnamenti di fede popolati da personaggi singolari ed
insegnamenti di fede. E da lassù fra il Monferrato e le Langhe nel Monastero dove adesso una ottantina di uomini e donne si alzano con
Enzo ogni giorno alle 4.30 per cominciare la loro giornata, lui ci lancia gli insegnamenti lapidari di suo padre: Fare
il proprio dovere a costo di crepare e
accanto a questo comandamento, insopportabile per molti e pesante come un
macigno. Un secondo ammonimento : Non esageriamo, occorre
avere il senso dei propri limiti e della realtà quotidiana. E poi un terzo consiglio, un dose di spicciola saggezza di fronte alle difficoltà: si tratta di non
prendersela.
Infine la quarta massima: non
mescolare le cose. Ci sono, si diceva nel linguaggio contadino, cose degli
uomini e cose delle donne, cose della religione e cose politiche, cose terrene e cose
di Dio, questioni di interessi e questioni di affetti: non mescoliamo tutto, in
un appiattimento di un magma indefinito. E’ come per la bagna
cauda o per il ragù che dice Enzo si forgia con il fuoco e il cucchiaio di legno e
chi la cuoce da sapiente alchimista estrae piacere per gli altri da elementi
così semplici.
Voto
9