Rosario Palazzolo, Concetto al buio, Edizioni Perdisia, 2007
Rosario Palazzolo, L'ammazzatore, Edizioni Perdisia, 2007
L’ammazzatore non è un assassino. Questo deve essere chiaro. Come lampante è la scrittura, nel
suo essere disordinata e sottesa e scompigliata, rinfusa e dolcemente caotica,
da mercato della Vucciria, di Rosario Palazzolo,
autore ed attore teatrale. Questo è il suo primo
romanzo, nel frattempo ha vinto concorsi letterari (“Lama e Trama ‘06”), ha
fondato un gruppo teatrale, “La compagnia del Tratto” che porta in giro per l’Italia le piece “I tempi stanno per cambiare”, “Ciò che
accadde all’improvviso”, “Il fatto sta”, “Ouminicch’”
e “Scrooge”. Trentacinque anni, con i capelli fluidi sul collo ed il sorriso incollato e bianco sembra il sosia del figlio di Giancarlo Giannini. Bello, con l’aria a metà tra il truce cow boy e il garzone della porta accanto. Da Palermo con furore. L’humus arriva pregnante, il background a pieni polmoni, il passato è un’onda ricca di schiuma che fa affiorare. E Palermo si sente, si respira forte. Non nelle vie, non nelle strade ma in quell’atmosfera da una parte di libertà appiccicaticcia dall’altra di cappa pesante, smoggosa, di cieli sgombri con poche nuvole ma con la consapevolezza che la catena è
sempre troppo corta per qualsiasi ambizione, di occhi alle spalle. Ed un linguaggio nudo e crudo, denso, onomatopeico e viscerale che
sa di danza e cadenza, trasuda colloquiale e amicale, quotidiano senza filtri, spermatica
d’urgenza, fuoriesce come urto di vomito e non lo puoi tenere più dentro le
budella, di ritmo tribale che scandisce speranze e tamburella i giorni, che declina inclinando la testa, che s’arrangia caracollando per spiegarsi una realtà troppo banale, esistenze troppo tardive, senza senso, andate così come dovevano andare in un unico viaggio, di sola
andata senza curve né scossoni, che dalla nascita arriva lineare e preciso fino
a fine corsa, fino al capolinea senza deviazioni né ribellioni, senza punti di sospensione, senza pietas, senza inciampi che la vita stessa è un dosso da rottura del semiasse. Una piccola “Gomorra”, questo “
L’ammazzatore edizioni Perdisa Pop, 111 pag, 9 euro) in un piccolo formato, quasi
tascabile, ma che ha dentro la potenza di una lama appena passata su un polso,
uno sputo che cola sopra un vetro di un bistrot, le croci sulle facce di chi
era e sembra esistito soltanto per essere cancellato. Parole in un carillon minuscolo come la vita piccola di uomini piccoli con desideri piccoli e frasi mignon, gesti delicati tenuti nascosti nelle pieghe di trame arricciate. Come se del vivere bisognasse vergognarsi. Un inno alla vita, il contrario di mafia. Un pentimento che salva il salvabile perché, in fondo, niente deve cambiare.
Voto
7 ½