Ormai è un narratore instancabile, Andrea Camilleri da Porto Empedocle,
classe 1925, capace di allietare i molti estimatori del commissario
(letterario) più famoso d’Italia a più riprese nel corso dello stesso anno
solare – e ricordiamo che nel 2012 lo scrittore siciliano ha pubblicato anche
le raccolte di racconti Il diavolo, certamente e La regina di Pomerania e altre
storie di Vigàta, oltre ad un libro atipico come
Dentro il labirinto –. Così, dopo l’immancabile giallo estivo, Una lama di
luce, è di recente approdato sugli scaffali delle
librerie anche Una voce di notte, l’ultima fatica (del 2012) di Camilleri della serie
(scritta però anni addietro, precisa la nota conclusiva), che prende avvio di
primo mattino, alle sei e mezza, nella casa del Commissario Montalbano a Vigàta, un pezzo di Sicilia inventata, si sa, più realistica di quella vera. Gli anni passano
anche per il protagonista, che all’inizio della storia è parecchio “nirbùso” per le cinquantotto primavere che ormai incombono
sulla sua testa. A sottrarlo a siffatte ansie senili arriva puntuale un caso
poliziesco apparentemente molto banale: in un supermercato di Vigàta è stato sottratto un incasso insolitamente corposo e
senza segni di effrazione. Comprensibile che il direttore Borsellino sia un po’
stordito per l’accaduto, che non sa spiegare ad Augello e Montalbano, che
annusano subito l’odore della paura nell’aria. Curiosamente il giorno dopo
Borsellino viene ritrovato cadavere, impiccato nel suo ufficio: sarà un suicidio? Secondo il burbero Dottor Pasquano la faccenda è dubbia. E a Montalbano pare ambiguo anche il furto e viene da chiedersi cosa intendesse nascondere il direttore. Le cose, poi, si complicano quando in un appartamento di Vigàta viene
ritrovata morta una ragazza, uccisa a coltellate: il fattaccio di sangue è stato
denunziato dal di lei convivente, Giovanni Strangio, che però sembra in possesso di un alibi a prova di bomba. Tangenzialmente i due
crimini lambiscono i nomi di due pezzi da novanta del posto: l’onorevole Mongibello infatti siede nel CdA dell’impresa proprietaria del supermercato (facente capo alla famiglia mafiosa dei Cuffaro attraverso una
rete di prestanome), mentre il padre di Giovanni, Michele Strangio, è addirittura il presidente della provincia (ovviamente immaginaria) di Montelusa. Come spesso accade nelle indagini di Montalbano,
anche stavolta i fili narrativi sono due, a volte corrono paralleli, altre
s’incrociano per poi magari separarsi e intrecciarsi di nuovo in seguito.
Stavolta però il gioco si fa più duro del solito per il maturo protagonista: la
reticenza dei superiori, un giudice che la vede diversamente da lui, l’ostilità
dell’opinione pubblica faziosamente orchestrata dall’emittente locale TeleVigàta sono elementi che lo inducono a mettersi in
gioco in prima persona lasciando da parte perfino la voce della sua coscienza,
fino al momento in cui il quadro sarà completo e la soluzione, anche se scomoda, desterà il nostro commissario come la voce di
notte del titolo. L’ennesimo giallo intrigante e gradevole cui Camilleri ha
abituato il gentil pubblico: difficile prescinderne…
Andrea Camilleri, Una
voce di notte, Palermo, Sellerio, 2012; pp. 269
Voto
8