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  27/04/2024 - 05:30

 

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Firenze digitale
La Cupola del Brunelleschi
Digitalizzazione documenti trascritti, certificati e catalogati in 21.000 testi
I lavori condotti dalla storica dell’arte Margaret Haines supportata dal Max Planck Institut di Berlino hanno permesso la realizzazione dell’archivio digitale Gli anni della Cupola

 




                     di Tommaso Chimenti


E’ il simbolo di Firenze. Si vede dall’alto, dalla Piana, da Fiesole. Immancabile nelle cartoline. Ha quasi seicento anni ed ogni giorno di tutto l’anno viene immortalata dagli scatti digitali di orde di turisti. La Cupola del Brunelleschi che sovrasta il Duomo dona un senso di protezione a tutta Firenze, l’abbraccia, la colma, la riempie, con i suoi marmi bianchi, le tegole rosse, la palla dorata in cima. I lavori cominciarono nel 1417 e terminarono nel 1436. Pochi anni per una cappella del diametro di quarantadue metri che, a lavori ultimati, sfiorava le nuvole con i suoi 115 metri d’altezza. Anni del primo Rinascimento documentati e trascritti, certificati e catalogati in 21.000 testi che finora costituivano un tesoro nascosto e inedito dell’Opera del Duomo, diretta dalla presidentessa Anna Mitrano, e che, adesso, diventano leggibili e visionabili a principianti e neofiti, ad addetti ai lavori ed a studiosi, grazie alla digitalizzazione on line dei volumi, visibili gratuitamente. Ci sono voluti più o meno gli stessi anni (quindici) che ha richiesto la costruzione della Cupola per approntare e preparare il sito internet al cui interno è possibile consultare le migliaia di documenti. I lavori sono stati condotti dalla storica dell’arte Margaret Haines anche grazie al supporto del Max Planck Institut di Berlino che ha permesso fattivamente la realizzazione dell’archivio digitale de “Gli anni della Cupola”. Ne viene fuori un ritratto di Firenze a più ampio respiro, perché, in qualche modo, quell’opera gigantesca e mastodontica riguardava tutta la città e la sua popolazione. Dentro i documenti infatti ci sono cenni alla vita quotidiana, così come alle feste religiose, agli usi e costumi, all’economia, alla sicurezza sul lavoro, all’architettura. “Volevamo con questo progetto arrivare a tre punti – spiega la professoressa Haines – la preservazione del materiale, la sua conservazione nel tempo e la libera ed aperta fruizione per tutti”. Brunelleschi andava a seguire i lavori della cupola tutti i giorni. Il suo era un contratto co.co.co, nel senso che era della durata di un anno e rinnovabile alla sua scadenza. Il suo stipendio fino al 1425 era di 36 fiorini, come Ghiberti, dal ’25 al ’36 invece passò a 100 fiorini l’anno. Somme ragguardevoli all’epoca. Da questi documenti, alcuni salvati grazie al restauro virtuale anche dall’alluvione che ne aveva sbiancato le pagine, emerge la vita di Firenze: gli operai lavoravano dalle dieci alle dodici ore al giorno, il pranzo se lo portavano da casa e potevano scendere soltanto una volta al giorno. Quelli che lavoravano alla Cupola venivano pagati di più di quelli a terra ed erano volontari, quindi un manovale non poteva essere costretto a salirci. Alcune regole da seguire erano ad esempio il non ubriacarsi e non lanciarsi con le funi per prendere gli uccelli da fare arrosto. Dato sconcertante, in positivo e che ridicolizza l’attualità, è l’unico morto sul lavoro in quindici anni di cantiere (il dimenticato Nencio di Chello) in un ambiente che non aveva certo a disposizione caschi, ganci, scarpe protettive né la 626. L’Opera del Duomo era finanziata ogni anno con il prelievo di una percentuale delle gabelle della Repubblica, che corrispondeva ad una cifra tra l’1 ed il 2% dell’intero P.I.L.

Voto 8 

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