Steve Jobs
Regia di Danny Boyle
Un direttore d’orchestra, un regista del futuro
Cast: Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg. durata122 min. Usa, 2015
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Siamo agli inizi. Steve Jobs è con i suoi
collaboratori sul palco a presentare il primo Macintosh 128k. Il film parte da li, dal palcoscenico come proiezione del prossimo futuro, ma anche come perdita di
se stessi, perché Jobs è giudicato dal basso verso l’alto, come facciamo noi, spettatori al cinema. Perché Lui, il creatore, non
forse troppo geniale, ma dalla grande intuizione, si definiva un direttore
d’orchestra, un regista del futuro, che dai suoi collaboratori pretendeva l’impossibile, o quel qualcosa di più che possa cambiare l’immediato, il nostro pensiero, la nostra visione del presente. Jobs era un conflitto vivente, persona sola, che non riconosce la figlia e non vuole
legami. C’è Lui e la sua visione, ma è un segno digitale che fa sua figlia sull’antesignano Mac, a cambiare il suo ruolo, a comprendere che è padre e che i cambiamenti sono necessari, anche dopo l’inevitabile fallimento. Steve Jobs è proprio la dimostrazione dell’uomo moderno, preso dalle sue esigenze egoistiche e spinto dal suo io esposto in primo piano. L’opera si dirà che è di Sorkin, che pennella dialoghi in maniera corposo, ma Boyle aderisce in pieno alla sua
visione, e muova le file con consapevolezza e scelta dei tempi. Boyle non soffoca in Sorkin, ma ne comprende l’efficacia
e la visione, basta vedere la passeggiata dietro le quinte, tra Jobs e la
figlia, che cercano di trovare la loro ultima riconciliazione, prima di
presentare il successo già scritto del nuovo Mac, e li in quella
difficoltà di sguardi e approcci che il padre e la figlia, trovano il
loro vero e sincero abbraccio, che ci riporta con un dito al primo tratto
digitale di lei fatto sul pc. Segno, tratto, che portano ad un percorso sconnesso
e imperscrutabile, come il nostro quotidiano, e come Jobs, Boyle, risorge dai suoi
fallimenti passati.
Voto
8 ½
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