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  31/12/2025 - 18:21

 

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Samsara
Regia di Nalin Pan
Cast: Shawn Ku, Christy Chung, Neelesha BaVora, Lhakpa Tsering, Tenzin Tashi, Francia/Germania/Italia, 2001; 138'; C. Produzione: Paradis Films, Pandora Filmproduktion, Fandango
Dall'ascetismo e la meditazione alla vita mondana, la famiglia. Ma il cammino di Tashi è solo all'inizio

 




                     di Vittorio Renzi


I monti Ladhak si trovano immediatamente sopra la catena dell' Himalaya, praticamente sul confine tra India e Cina, dove molti tibetani si sono rifugiati in seguito alla repressione culturale messa in atto dal governo cinese. Qui i templi sorgono indisturbati, i bambini possono giocare e pregare con i monaci, nessuno ostacola la ricerca della Via, nessuno… a parte i dubbi e i desideri del monaco stesso. Il film narra la storia di uno di loro, ai nostri giorni.

Tashi (Shawn Ku), viene ricondotto al tempio dall'eremo dove si era ritirato a meditare nella posizione del loto per tre anni, tre mesi, tre settimane e tre giorni. Gli viene conferito uno dei riconoscimenti più alti e ambiti da un monaco tibetano: lo stato di kempo. Contemporaneamente, però nella mente di Tashi si agitano desideri insopprimibili. Come conciliare una vita dedita alla preghiera e alla castità con le frequenti erezioni notturne e le improvvise distrazioni occasionali? Il seno nudo di una madre che allatta il figlio, un polso femminile guarnito di bracciali tintinnanti: ogni cosa mette in fermento il corpo e lo spirito. Finalmente capisce: Siddartha, il Budda, ha potuto rinunciare alle cose mondane perché le conosceva bene, vi era vissuto immerso per ventinove anni. Tashi invece è cresciuto in un monastero, dunque come può rinunciare a ciò che non conosce? Questa riflessione lo porta alla decisione di cambiare all'istante la sua vita, mettere su famiglia e realizzare tutti quei desideri che la sua mente per anni ha sempre inseguito e mai appagato.

Innanzi tutto la scoperta del sesso, che avviene in una sequenza dalla quale il cinema di Hollywood avrebbe molto da imparare (tanto per cominciare gli attori sono nudi, si baciano con la lingua, e non sul mento, e trasudano sensualità da tutti i pori). Il sesso è centrale in Samsara. Il percorso di Tashi comincia da lì, dalla donna della quale si è invaghito (Christy Chung) ed è un percorso, potremmo dire, esattamente opposto a quello compiuto dal principe Siddartha: dall'ascetismo, la meditazione, alla vita mondana, alla famiglia. Ma il suo cammino è solo all'inizio.

Il regista Nalin Pan, nato e cresciuto in uno sperduto villaggio dell'India del nord, alterna gli immensi paesaggi e le montagne svettanti, ai volti in primo piano di pochi personaggi che sono tutt'uno con quegli ambienti, ne sono parte e al tempo stesso li rispecchiano. Quando, improvvisamente, in questa storia dal carattere atemporale, come un'antica leggenda, fa irruzione la contemporaneità, attraverso la fugace visione di una città, ci sentiamo presi per i capelli e tirati giù (c'è persino un'insegna, accanto a un locale, dove si legge "Internet"). Suona paradossale, eppure è anche questo che Tashi sta cercando. Non è possibile elevarsi al di sopra del mondo prima ancora di averlo conosciuto, di essersi mischiati alle persone, di essersi messi in gioco. Dopo aver fatto tutto questo, al momento di riprendere la propria ricerca, è allora che si sperimenta la sofferenza del distacco, una sofferenza che non va evitata, ma accettata e affrontata: come il ramo che, gettato nel fiume, giunge necessariamente al mare (è quanto insegna Pema, la moglie di Tashi a un gruppo di bambini), forse - sembra suggerire il film - l'unica Via per l'uomo è quella di seguire la propria natura umana, lasciarsi trasportare dalla corrente di sofferenze e desideri, utilizzandoli come veicoli, espedienti, e raggiungere così il fondo della propria natura, traendo la forza proprio dalla debolezza e riprendendo da lì il proprio cammino, muniti di maggior forza e consapevolezza. Non è snaturandosi che si ottiene la via: come recita la frase incisa su una pietra: "Come si può impedire a una goccia d'acqua di asciugarsi?". Per tutto il film Tashi resta senza risposta. Alla fine la trova, capovolgendo quella stessa pietra: "Gettandola nel mare". All'inizio del film Tashi era un guscio vuoto, una goccia d'acqua in procinto di evaporazione; alla fine è un uomo che si scopre vicino all'obiettivo che da sempre conseguiva, proprio nel momento in cui, disperato, crede di aver fallito.

Può anche essere che questo viaggio nella "vita normale" sia avvenuto solo nella mente di Tashi, come accade al Gesù di Scorsese e Kazantzakis (L'ultima tentazione di Cristo, 1988) che, prima di morire sulla croce, sperimenta tutto quello per cui ha rinunciato per amore di Dio. Pema, infatti, dopo aver parlato un'ultima volta al marito, svanisce nel nulla, ma prima gli ricorda che, se Siddartha ha potuto ottenere l'illuminazione, ciò è stato anche grazie alla moglie Yashodhara, al fatto che lui l'ha abbandonata, che aveva qualcuno da abbandonare per cercare la Via.

Splendide le due immagini gemelle di Tashi, di spalle, immerso fino alla vita nel fiume: un fiume opaco, fangoso, quando ancora la mente è piena di dubbi e desideri inappagati, e poi limpido e trasparente, nel momento in cui la Via gli appare chiara. Un fiume che suggerisce l'eterno cammino dell'io, tra una vita, una morte, un'altra vita e così via (Samsara).

Voto 7 ½ 

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