Presentazione Fuocoammare
Recensione fuocoammare
Rosi affronta Lampedusa:
isola di sbarchi e luogo immerso in una contemplazione isolana placida e
tranquilla. La storia si dirama su due binari paralleli, da una parte la vita
di un bambino figlio di pescatori, sofferente il mal di mare, appassionato di
fionda e con un occhio pigro che deve curare portando una benda e dall’altra
la vita dei migranti in arrivo, spossati e distrutti, rassegnati a condizioni
assurde ma anche a tratti pieni della stessa vitalità del bambino.
Nell’isola c’è la radio
locale che accoglie le richieste musicali degli ascoltatori, i sughi che
cuociono e poi la mancanza d’acqua sui barconi, le tute bianche e le maschere
sul volto. Una vita ordinaria e civile, che contrasta con l’arrivo notturno dei
barconi e del lavoro silenzioso della guardia costiera. La voce a tratti
commossa del medico di frontiera che ci racconta lo stato fisico degli
immigrati, fa da sfondo agli occhi intrisi di sangue e di paura di queste
persone smarrite. Lo sguardo di Rosi, dopo
Sacro Gra, diventa
multiplo e cerca di scandagliare le contraddizioni di Lampedusa tramite
accostamenti e uno sguardo semplice, ma mai complice. Il problema è che diventa
superficiale, nel mettere a confronto la placidità dell’ordinario modo di
vivere degli isolani e gli sbarchi danteschi. Non serve inoltre smorzare i toni
con il viso tondo e simpatico del ragazzino, e il pugno allo stomaco dei
cadaveri nella stiva, non sembrano altro che immagini sensazionalistiche, che
colpiscono ad effetto senza lasciare traccia emotiva, abbandonando l’idea di un
excursus approfondito e inedito che possa lasciare una riflessione aperta e
sconvolgente.
Voto
5