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  18/04/2024 - 18:33

 

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Cinema coreano alla grande
Protagonista al far East Film 2002 di Udine
La Sud Corea nuova fucina di talenti
Un momento di grande euforia creativa, grazie ad un folto gruppo di giovani autori

 




                     di Matteo Merli


Fast East Film IV
I Pink eiga
Cinema coreano 2002
Cinema di Hong Kong 2002
Cinema Giapponese 2002
Fast East Film III


Il 2001 è stato un anno memorabile per la cinematografia sudcoreana, lo dimostra la programmazione del far East di Udine. L'industria cinematografica sta vivendo un momento di grande euforia creativa, grazie ad un folto gruppo di giovani autori che sanno costruire pellicole appetibili per il grande pubblico, senza rinunciare a qualità espressive che si contaminano con diversi generi. La cosa che stupisce, è che anche il cinema impegnato riesce a trovare un suo percorso naturale; ne è la dimostrazione Bad Guy, ultimo lavoro di Kim Ki-duk, questa volta alle prese con il minaccioso Han-gi, che in apertura del film, si innamora all'istante della studentessa Sun-hwa seduta su una panchina ad aspettare il fidanzato. L'azione successiva di Han-gi è baciare con forza la ragazza che disgustata richiama l'attenzione di alcuni soldati, che intervengono in suo aiuto. Un inizio forte e acceso di violenza, nelle piene caratteristiche di Kim, che questa volta affonda nelle piaghe di una storia d'amore impossibile, tra un protettore e una studentessa, che per motivi a lei avversi, diventerà una prostituta alle sue dipendenza. Un film astratto, che riduce il suo sguardo su un'umanità disperata , con momenti intensi che portano la firma del miglior cinema di questo autore, purtroppo ancora sconosciuto in Italia. Capolavoro del IV Far East Film di Udine. Anche le pellicole di grande successo, riesco con forza a descrivere personaggi e situazioni, senza cadere nella banalità del caso, un esempio è il film di Kwak Kyung-taek ,Friend. L'opera è basata su una storia vera di quattro amici d'infanzia nella Pusan degli anni settanta, che nonostante la diversa estrazione sociale, formano un gruppo inseparabile. Ma il passare degli anni, il destino metterà alla prova la loro amicizia, portandoli su strade separate. Un film intenso, che grazia ad una regia attenta alle sfumature dei personaggi, riesce ad infondere un tono crepuscolare che mette a disagio e commuove. Tra le diverse pellicole coreane, non è mancato l'epica in costume. Musa è un kolossal girato da Kim Sung-su in cinemascope e racconta dei difficili rapporti tra la Corea e la Cina nel XIV secolo, causato dalla morte di un emissario della dinastia Ming in territorio coreano. Allora, un gruppo diplomatico coreano si reca a Pechino per intercedere con il re. Nel pieno deserto, vengono arrestati dalle truppe cinesi e spediti in esilio. Nelle loro viaggio hanno la fortuna di salvare una principessa Ming, con lo scopo di riconsegnarla sana e salva alla sua dinastia, con la speranza di riavvicinare le due nazioni. Musa, è una pellicola cupa, che mette in primo piano la furente violenza della guerra, come dimostrano le sorprendenti scene di combattimento. I rapporti di potere all'interno del gruppo sono costantemente in mutazioni, dove il comandante della spedizione e la principessa perdono gradualmente la loro influenza su i seguaci. Un opera ben fatta, costruita su una messa in scena che elimina momenti patetici e banali per concentrasi sui personaggi e loro incessante agire per la sopravvivenza in un momento pieno di lotte sanguinarie e cieca violenza.

Altro film interessante è stato Guns & Talks di Jang Jin, che mette al centro la vita di quattro giovani killer visti nella loro dimensione quotidiana, alle prese con clienti desiderosi di vendicarsi o semplicemente decisi a sbarazzarsi della moglie. Una commedia con dialoghi brillanti, che ha la sua forza in una messa in scena da sitcom costruita su misura per gli interpreti, davvero bravi nel dare vita ai loro personaggi.

Deludente è apparso invece Last Witness, ultimo lavoro di Bae Chang-ho, che da vita ad un thriller dalle connotazioni storiche, incapace di mettere a fuoco una storia che fonde diversi registri cinematografici, senza riuscirci a pieno. Peggio ancora è sembrato Sorum, l'horror firmato da Yoon Jong-chan alla sua opera prima, che non riesce a rendere suggestivo i diversi passaggi chiave della pellicola, astrusa e inconcludente nella trama, con un finale sonnolento.

A parte tutto, la cinematografia della Sud Corea, si conferma come una delle più vitali e interessanti degli ultimi.

Voto 8 

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