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Biennale di Venezia
All the World’s Futures
56. Esposizione Internazionale d’Arte curata da Okwui Enwezor
Venezia (Arsenale e Giardini), 9 maggio – 22 novembre 2015

 




                     di Giovanni Ballerini


La Biennale compie 120 anni e nella sua 56ma edizione apre un focus su tutti i futuri del mondo. All The World ‘s Futures è infatti il titolo scelto dal curatore nigeriano Okwui Enwezor, nonché il tema portante della 56ma Biennale Arte di Venezia, presieduta da Paolo Baratta, che quest’anno dura un mese in più, visto che è  stata aperta al pubblico sabato 9 maggio 2015 e si conclude domenica 22 novembre 2015. La Mostra è affiancata da 89 Partecipazioni nazionali negli storici spazi ai Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 5 i paesi presenti per la prima volta: Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico, Repubblica delle Seychelles. Altri paesi partecipano quest’anno dopo una lunga assenza: Ecuador (1966, poi con l’IILA), Filippine (1964), Guatemala (1954, poi con l’IILA). Anche quest’anno la Santa Sede partecipa con una mostra allestita nelle Sale d’Armi, “In Principio… la parola si fece carne” è il titolo scelto dal Cardinale Gianfranco Ravasi (Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura) per il Padiglione curato da Micol Forti (Direttore della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani). Il Padiglione Italia in Arsenale, organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane - è curato quest’anno da Vincenzo Trione. Sono 44 gli Eventi Collaterali ufficiali ammessi dal curatore e promossi da enti e istituzioni internazionali, che hanno allestito le loro mostre e le loro iniziative in vari luoghi della città. La Mostra All the World’s Futures forma un unico percorso espositivo che si articola dal Padiglione Centrale (Giardini) all’Arsenale, includendo 136 artisti dei quali 89 presenti per la prima volta, provenienti da 53 paesi. 159 sono le nuove produzioni realizzate per questa edizione.
“La Biennale anno dopo anno continua a costruire anche la propria storia, che è fatta di molti ricordi, ma in particolare di un lungo susseguirsi di diversi punti di osservazione del fenomeno della creazione artistica nel contemporaneo - dice Paolo Baratta, introducendo l’edizione di quest’anno - . Bice Curiger ci portò il tema della percezione e Massimiliano Gioni, con il suo Palazzo enciclopedico,  fu interessato al fenomeno della creazione artistica dall’interno, alle forze interiori che spingono l’artista a creare.  Oggi il mondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, da forti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive. Nonostante i colossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie, viviamo una sorta di age of anxiety. E la Biennale torna a osservare il rapporto tra l'arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell'incalzare delle forze e dei fenomeni esterni. Si vuole quindi indagare in che modo le tensioni del mondo esterno sollecitano le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri, i moti dell’animo (il loro inner song). La Biennale ha chiamato Okwui Enwezor anche per la sua particolare sensibilità a questi aspetti.”
Cuore pulsante di All the World’s Futures è l’Arena, uno spazio attivo nel Padiglione Centrale dei Giardini dedicato a una continua programmazione interdisciplinare dal vivo. Il cardine di questo programma è l’imponente lettura dal vivo dei tre volumi di Das Kapital di Karl Marx (Il Capitale). Das Kapital diventerà una sorta di Oratorio: per i sette mesi di apertura dell’Esposizione la lettura dal vivo sarà un appuntamento che si svolgerà senza soluzione di continuità.
Quella di Okwui è una mostra globale che evidenzia gli umori e le prospettiva della creatività. L’idea è anche aggiornare la geografia e i percorsi degli artisti di oggi, un progetto speciale è dedicato ai curricula degli artisti operanti nel mondo. 
“Quello che si espone in Biennale ha come fondale 120 anni di storia delle arti, i cui frammenti sono in ogni angolo e di varia natura, visto che l’istituzione opera nell'Arte, nell'Architettura, nella Danza, nel Teatro, nella Musica e nel Cinema. È il luogo delle "immagini dialettiche", per usare l'espressione di Walter Benjamin – sottolinea Baratta -. Sono ancora una volta lieto di non aver ascoltato le tristi considerazioni di chi nel 1998 mi diceva che la mostra con padiglioni stranieri era outmoded e che andava eliminata, magari mettendo al suo posto un cubo bianco, uno spazio asettico nel quale esercitare la nostra astratta presunzione, o per dare ospitalità alla dittatura del mercato. Proprio la nostra articolata e complessa realtà ci aiuta a evitare questi pericoli. La grande montagna dei frammenti della nostra storia cresce ogni anno. A fronte sta la ancor maggiore montagna di quel che non fu mostrato nelle Biennali del passato.”

Voto 8 

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