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MADI. The Other Geometry
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MADI. The Other Geometry
A cura di Cristina Costanzo
I lavori di 23 artisti di diverse nazionalità in mostra con opere che riflettono i principi di non-espressione, non rappresentazione, non simbolizzazione
Da giovedì 31 gennaio fino al domenica 11 febbraio 2018, al 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa

 




                     di Giovanni Ballerini


"L’opera è, non rappresenta; l’opera è, non esprime; l’opera è, non significa”.
MADI non è solo l'acronimo di modulo abitativo dispiegabile (che l'architetto Renato Vidal ha progettato come casa pieghevole, antisismica, funzionale ed economica, anche dal punto di vista dell'impatto ambientale), ma anche l’acronimo di MAterialismo DIalettico e, in sintonia con quanto asserito  nel 1946 a Buenos Aires da Carmelo Arden Quin, figura di spicco nel panorama dell’avanguardia latino-americana, implica anche una componente di non-sense e casualità.
Si chiama MADI. The Other Geometry e si inaugura  giovedì 31 gennaio 2018 alle 11, la mostra curata dalla storica dell’arte Cristina Costanzo (fino a domenica 11 febbraio 2018) al 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa, L’esposizione è organizzata e promossa dalla NPO Tsunagu Japan & Italy e dall’Istituto Italiano di Cultura di Osaka con il supporto di K.K. ALP - (Kanazawa) e K.K. YAMADA - (Kobe) ed il coordinamento di Alessandra Korfias – Arti Services.
 MADI. The Other Geometry vuole rendere omaggio al movimento internazionale MADI con una selezione particolarmente significativa di opere di 23 artisti di diverse nazionalità. Sono presenti in mostra i lavori di: Dominique Binet, Jean Branchet, Jean Charasse, Franco Cortese, Reale Franco Frangi, Joël Froment, Aldo Fulchignoni, Sakae Hasegawa, Jahildo Marinho, Yumiko Kimura, Alberto Lombardi, Gino Luggi, Enea Mancino, Vincenzo Mascia, Renato Milo, Mitsouko Mori, Gianfranco Nicolato, Antonio Perrottelli, Marta Pilone, Torsten Ridell, János Szász Saxon, Philippe Vacher, Piergiorgio Zangara.
Il Madi risponde alla crisi della pittura da cavalletto, che aveva animato le Avanguardie Storiche con la rappresentazione dinamica delle figure geometriche nello spazio, senza fini illusori e con una vivace e gioiosa componente ludica.
Il MADI si basa sui principi di “non-espressione, non rappresentazione, non simbolizzazione”.
"Il titolo “Madi l’altra geometria - scrive Cristina Costanzo - “sottolinea da un lato l’inserimento del movimento nella tradizione del rapporto tra arte e geometria e dall’altro evidenzia l’attualità e la capacità innovativa delle opere scelte”.
Il Madi è un fenomeno artistico di portata internazionale che fonda ’originalità della propria ricerca sulla volontà di destrutturare la realtà e ricostruirla attraverso il distacco oppositivo dalla mimesis. L’immanenza e la materialità dell’opera, uniti all’aniconismo e all’anti-mimesi, consentono di collocare il movimento nell’ambito dell’arte non figurativa e in particolare dell’astrazione geometrica.
Sovrapposizioni, incastri ed estroflessioni come l’articolazione, la trasparenza, il colore e il dinamismo sono gli audaci segmenti di un discorso basato sulla logica, sul metodo e sulla progettualità in nome del ludico accordo di forma, colore e spazio. Il Madi, inoltre, vanta una storia di oltre settanta anni, capace di far dialogare Buenos Aires e Parigi e, dagli anni ’80, sempre più città e nazioni. “Il progetto espositivo, dallo spiccato fine educativo e didattico, - secondo Stefano Fossati, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Osaka - riserverà ai visitatori del 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa non poche sorprese offrendo l’occasione di scoprire un fenomeno artistico di ampia portata, già noto in America Latina e in Europa e meritevole di attenzione anche in Giappone con l’auspicio che possano seguire ulteriori possibilità di confronto tra culture diverse”.
In occasione della mostra verrà presentato il catalogo “Madi. The other Geometry” (edizione bilingue inglese e giapponese) a cura di Cristina Costanzo pubblicato da Contesti editore. Il catalogo, corredato da un ricco apparato iconografico, si avvale dei contributi critici di Cristina Costanzo, Patricia Avena Navarro e Paola Silvia Ubiali e degli apparati di Eugenia Presti.

Voto 8 

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