Hugues Pagan, Quelli che restano
Hugues Pagan, In fondo alla notte
Hugues Pagan, La notte che ho lasciato Alex
Hugues Pagan, Operazione Atlanta
Una
figura di spicco del noir transalpino come Hugues Pagan, è la
dimostrazione palese di un talento che riverbera intensamente la sua scrittura
nei paesaggi immobili della città o della provincia, per esplicare
un profondo senso di nero che si infonde nei rapporti dei protagonisti, avviluppandosi
conscentemente con la storia: spettro di rimossi o rimorsi che trovano il gesto
assolutorio di un grido. In questo libro che è il secondo episodio del ciclo
inaugurato con Dead
end blues, Chess è un ex sbirro dell’Usine con l’anima piena di cicatrici e
gli occhi persi nel fondo di una bottiglia di rhum, ma la morte la fiuta meglio
di chiunque altro. E quando Fortune, il magnaccia della prostituta massacrata,
gli chiede di trovare l’assassino, accetta l’incarico con l’istinto da
cacciatore di taglie. Un’indagine ombrosa condita da un amore malinconico
pregnante per Dinah, una donna divisa tra l’imposizione fredda della polizia
parigina e il grande desisiderio di sentirsi importante per l’uomo che ama
ancora. Sarà lei a sostenere Chess in questo percorso doloroso, alla ricerca di
un colpevole che sfugge a pochi passi da lui. Se il blues è il canto del male
che affoga nelle prime luci dell’alba, fa da contorto a una città, Parigi, popolata da
criminali da due soldi e dove la corruzione alberga anche nella Polizia. Una
metropoli trasfigurata come un palcoscenico dove va in scena una corsa violenta
lungo gli abissi contorti di un inferno urbano. Una scrittura profondamente
nichilista nel suo sguardo tetro che non lascia sconti per questa
umanità persa lungo le maglie strette del destino. Un piacere riscoprire pagina
dopo pagina la caratura di uno scrittore capace di ammaliarti per la sua
calibrata precisione nel condurci in un ambiente, tra parole e azioni intrise di umana debolezza.
Voto
8