Perché si scrive ? Sostanzialmente, perché si ritiene che prima o dopo qualcuno ti leggerà. Sul web, questo prima o dopo a volte s’invera con maggiore frequenza. Capita che dopo aver citato Peppino Gagliardi un tassista di Roma ti mandi un e-mail per riferirti di averlo trasportato qualche mese prima, o che un noto scrittore si congratuli con te per la tua ultima recensione libresca. A volte la cosa è più affascinante e tortuosa.
Scrivi un pezzo su uno spettacolo teatrale interpretato da Maddalena Crippa, Sboom!. Buono spettacolo. Citi Luigi Tenco, perché questo è uno spettacolo di canzoni che traghetta la storia d’Italia dai Cinquanta ai Settanta. Consideri Tenco una figura decisiva di questo passaggio, uno che aveva capito che essere felici non sarebbe stato più che l’ombra di una finzione in quei tempi di gaiezza pre-consumistica.
Trascorre un anno. Un mattino il tuo telefono squilla. È la signora Ornella da Venezia. Racconta che ha letto il pezzo, e le è piaciuto. La signora presiede un club. Un club dedicato a Luigi Tenco, fondato subito dopo la morte. Ti parla con trasporto commovente delle attività del club, difficile da spiegare in tutta la sua sincerità a qualsiasi fan club attuale. Ti spedisce materiali, un bel libretto con tante annotazioni su Luigi. Senza falsi moralismi sui "decadimenti dell’oggi e le bellurie del tempo che fu", pensi che l’opera della signora Ornella è ammirevole. Ti vengono in mente alcune cose, che metti giù disordinatamente in un nuovo articolo.
Sanremo è appena trascorso. Luigi Tenco è morto trentacinque Sanremo fa, in una camera dell’Hotel Savoy che non esiste più. Quel 1967 è come evaporato: neppure il nastro della registrazione televisiva è disponibile. Dell’esibizione di Tenco rimangono solo alcune foto di un uomo in abito insolitamente formale, teso davanti al doppio microfono e alla scenografia optical. Il tempo, patrigno, ha fatto a Tenco proprio quello che Francesco De Gregori adombrava in una delle più belle canzoni che siano state mai scritte su Luigi: gli ha fatto un monumento, per dimenticarlo un po’ più in fretta. L’iconizzazione (processo toccato anche a Pier Paolo Pasolini) fa sì che la musica di Tenco sia conosciuta, magari imitata, ma non digerita. Rimane in una vetrina, come testimonia anche il più recente tra i dischi-omaggio, Come fiori in mare, pieno di versioni rispettose da Fossati al Parto delle Nuvole Pesanti ma mai veramente incisive. Su Tenco è mancata soprattutto la riflessione: anche il pur documentato volume di Aldo Fegatelli Colonna Luigi Tenco. Vita breve e morte di un genio musicale, recentissimamente uscito per Mondadori, si concentra più sui misteri della morte, tra suicidio e delitto. Ma Tenco è stato assai più di una rockstar affogata nelle sue angosce che si spara in un albergo dopo una folle corse sulla spider. È stato la spia di un malessere che attraversava l’Italia piccola dei televisori, dei frigoriferi e della macchina per tutti, e che sarebbe esploso di lì ad un anno. Portatore di un’istanza morale sconosciuta ai dischi che si vendevano allora. Capace di ballate divergenti dal senso comune come di strazianti canzoni d’amore. Non è stato un genio: troppo presto, Tenco è stato tutto troppo presto. Pochi mesi, e il festival l’avrebbe vinto Sergio Endrigo, prima che la piazza fosse occupata dagli studenti. Pochi anni, e il festival si sarebbe riempito di canzoni sull’immigrazione come Che sarà o Montagne verdi, certo più morbide di Ciao amore ciao ma pur sempre in tema. Del resto, nessuna epoca lo avrebbe agevolato.
Avevi scritto in quell’articolo che Tenco era stato il primo a dire "è meglio bruciare, che svanire". Forse sapeva che il tempo non era dalla sua parte. La speranza è che studiosi di buona volontà lo facciano uscire dall’icona, e lo rimettano nella storia della canzone italiana. Che di storia ne ha poca, ed è un peccato, perché la canzone è una cosa seria.
Chi desiderasse informazioni sul Club Luigi Tenco di Venezia può scrivere in Lungomare Marconi 76 – 31026 Venezia Lido.
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