Sulle mie labbra
Regia di Jacques Audiard
Cast: Vincent Cassel, Emmanuelle Devos, Olivier Gourmet, Olivier Perrier. Produzione: Ciné B, Pathé Image, France 2 Cinéma, Sédif, Canal +, Centre National de la Cinématographie. Distribuzione: Nexo, Francia, 2001, col, 115’
Un noir che vive attraverso i corpi degli attori, giocando la sua carta migliore nella rappresentazione dell'attrito tra due esseri in cerca di riscatto.
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E' evidente che Sulle
mie labbra è soprattutto un film che vive attraverso i suoi attori, che
letteralmente sta addosso ai suoi attori, li segue, li spinge, li incalza, li
spia. L’attenzione, lo sguardo sono tutti rivolti al corpo, ai gesti, ai
dettagli, come se un sordo cercasse di comunicare con altri sordi. Ma questo
non ci rende complici di Carla (Emmanuelle Devos): lei legge le labbra ma non
ci dice cosa legge, tranne che in un paio di occasioni. Carla è sorda ed completamente
sola. Ha una sola amica, che la usa esclusivamente come confidente; ha un
lavoro presso un azienda nel settore edilizio dove viene costantemente
sfruttata e derisa. Poi arriva Paul (Vincent Cassel):
ex-galeotto, in libertà vigilata. Lo assume come suo segretario, ne fa una “cosa”
sua, il suo lacchè, la controfigura da mostrare alle amiche, l’oggetto segreto
dei suoi desideri. Lo respinge quando tenta di prenderla, ma poi odora la sua
camicia, le sue lenzuola. E poi a casa, davanti allo specchio, si osserva, e
più che masturbarsi certifica la propria esistenza in quanto essere femminile.
Ciò che le interessa è essere come tutte le altre donne, avere la loro
corporeità (non sa neanche ballare), la loro spontaneità e in questa cieca
ammirazione/invidia verso tutto ciò che è altro-da-Carla, non fa caso alla
banalità e alla volgarità delle persone che la circondano: non perché sia
ingenua (non lo è affatto), ma perché non è l’”anima” altrui che le interessa. Il
montaggio nervoso segue il respiro fratto di Carla, ritma questa sua corsa alla
normalità.
Paul è istintivo, disperato, è una strada a senso unico ma
non un vicolo cieco: ha delle risorse, sa come cavarsela, ha paura e sa
proteggersi, sa di non valere un granché
e – a differenza di Carla - non cerca di mostrarsi diverso da ciò che
realmente è. Il suo unico desiderio è rifarsi una vita, rigare dritto, ma deve
dei soldi a qualcuno, molti soldi, e ha bisogno di qualcuno che lo aiuti ed è
Carla l’unica persona che può farlo: i ruoli ora si capovolgono. La spinge a
spiare con un binocolo da un terrazzo dentro una finestra (un Hitchcock
capovolto), a leggere sulle labbra del suo creditore che conduce affari sporchi
per sapere come e quando derubarlo. Nella loro solitudine si usano a vicenda, è
il loro unico modo di amare. Lui ha un pugnale tatuato sul polso, pronto a
scattare; i pugnali di Carla sono i suoi occhi, grigi, nervosi, nei primi piani
invadono lo schermo di una luce quasi malata, contaminata, riflettono il suo
egoismo, le sue ansie di competizione, ma anche uno struggente desiderio di
trovare, di fermarsi, di essere.
La fotografia, anche nelle scene diurne, ritaglia triangoli
d’ombra, di buio, spazi impenetrabili della coscienza. Alla fine il noir
esplode ma è forse la parte meno interessante e più prevedibile di un film che gioca la sua carta
migliore in questo continuo attrito di un uomo e una donna che si cercano e si
respingono, simili nella nella loro vitalità repressa, nella lotta disperata per
vedere la luce.
Sulle mie labbra, di Jacques Audiard. Cast: Vincent Cassel, Emmanuelle Devos, Olivier Gourmet, Olivier Perrier. Produzione: Ciné B, Pathé Image Prod., France 2 Cinéma, Sédif Prod., Canal +, Centre National de la Cinématographie. Distribuzione: Nexo. Francia, 2001, col, 115’
Voto
7
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