Sotto la sabbia
Regia di François Ozon
Sous le sable, Cast: Charlotte Rampling, Bruno Cremer, Jacques Nolot, Alexandra Stewart, Francia, 2000, 90', C, Produzione: Fidélité; Haut de Court; Arte France, Distribuzione: Lucky Red
Un grande film con una grande interprete, tutto giocato sulla fisicità e l’assenza
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Marie
e Jean vanno in vacanza presso la loro residenza estiva in
una località di mare. La mattina dopo sono sulla spiaggia. Marie, sdraiata
sotto il sole, si addormenta. Al suo risveglio scopre che Jean è scomparso.
Quando
una sofferenza grande e inaspettata arriva all'improvviso non ci sono che tre
alternative: affrontarla con coraggio e tirare avanti; scendere dal treno;
continuare la corsa ma con la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Marie,
la protagonosta di un film lucido fino ad essere spietato, sceglie quest'ultima
via.
Cominciamo col dire che questo è uno di quei film che
sono grandi anche perché costruiti intorno al talento di un grande interprete.
Si tratta forse del più bel ruolo che Charlotte Rampling abbia
mai interpretato nella sua lunga carriera. Un ruolo delicatissimo, tutto
giocato su primi e primissimi piani, su gesti minimi, su espressioni sfiorate e
in repentino mutamento, ma senza quel fastidioso esibirsi e auto-osservarsi che è il vizio di tanti attori, anche quelli bravi.
La realtà intorno a Marie è
grigio-azzurra, come i suoi occhi: Parigi, il mare, la luce di certi interni,
tutto sembra rispecchiarsi nei suoi occhi ostentatamente sorridenti e
soli, orgogliosi e disperati. Ciò che più fa male, nella storia di questa fuga
interiore, non è la perdita in sé, ma il rifiuto di essere abbandonati, anche a
rischio di estraniarsi, di estromettersi dalla realtà. E' un dolore troppo
grande, che non può essere vissuto fino in fondo, consumato, ma che viene
invece sempre rimandato, raggirato. Marie ha scelto il fantasma, come Gene Tierney in Il fantasma e la signora
Muir, e non si obietti che in quella pellicola il fantasma era quello
di uno sconosciuto, un marinaio simpatico e affascinante, perché anche il fantasma
che appare a Marie non è esattamente quello di suo marito, bensì di quell'uomo
che lei credeva che fosse, di un uomo che lei amava anche se forse non era mai esistito! E' rivelatrice, in questo
senso, la scena con la madre di Jean, il defunto marito. L'odiosa vecchia, dopo
averla accolta, si direbbe, con amore, le getta in faccia una terribile
(possibile) verità: Jean non è morto, non si è suicidato, se n'è andato via
dalla moglie perché si annoiava. In quell'unico momento Marie, anche per
vendetta contro quella donna, non solo pensa, ma dice chiaramente ad alta voce
che suo marito è morto: la polizia ha ritrovato il corpo. Si difende da una
realtà ancora più terribile della morte: si difende dalla possibilità di aver
vissuto sempre con la testa sotto la sabbia, nella convinzione di amare così
tanto un uomo e di esserne ricambiata allo stesso modo.
Infine, ogni bravo scrittore
sa che il realismo di una storia dipende molto da certi dettagli, da certi
particolari che danno letteralmente corpo ai personaggi. Ebbene, c'è una scena
memorabile, in questo senso, ed è quella in cui Marie "tradisce" per
la prima volta il marito già scomparso: ad un certo punto, mentre l'amante le è
sopra e la penetra e ansima, lei scoppia a ridere. Quando l'uomo, un po'
esterrefatto e un po' risentito, la interroga, lei risponde
che l'uomo è "troppo leggero" in relazione alla stazza del marito, Jean, che amava
gli spaghetti e il vino. Un'invadenza in primo luogo fisica quella di Jean, che
Bruno
Cremer rende perfettamente e che si contrappone al corpo esile della Rampling, al suo
fisico nervoso sempre in procinto di piegarsi su se stesso e scattare poi in
avanti come se niente fosse, con quel sorriso testardo e perso negli occhi
lontani.
François
Ozon (Parigi, 1967), ha finora diretto 21 film, tra cui Gocce d’acqua su pietre
roventi (1999) e Sitcom
(1998)
Voto
8
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