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L'acchiappasogni
Mucchio d'ossa
Tutto è fatidico
Il
re del brivido non delude mai, neppure quando attinge linfa autoreferenziale al
proprio mestiere né addirittura quando finisce per iterare simile schema: solo
per fermarci agli esempi macroscopici della bibliografia di Stephen King, basti ricordare come abbia
già utilizzato scrittori come protagonisti dei propri romanzi in Shining e
Misery, due capolavori indiscussi del genere horror. In tal senso
non fa eccezione neppure Mucchio d’ossa, di recente ripubblicato da
Mondadori nella collana “I Miti”: protagonista della storia è un prolifico
scrittore di best-sellers, Mike Noonan, rimasto vedovo in modo
fulminante quattro anni prima e per di più all’oscuro della gravidanza
dell’amata consorte. Dal terribile trauma Mike non è mai riuscito a
riprendersi, e la lenta elaborazione della perdita subita gli ha reso
impossibile la scrittura, dettaglio di non poco conto per uno scrittore di genere come lui,
posizionato appena a ridosso dalle top ten di vendita ma costretto a
reggere il ritmo di un libro all’anno: grazie alla sua previdenza Mike Noonan è
riuscito a rimanere comunque a galla, avendo fatto scorta di romanzi quando la
propria vena narrativa era al culmine. Per voltare pagina e tentare di uscire
dal suo immobilismo esistenziale il protagonista decide così di trascorrere
l’estate a Sara Laughs, dove insieme alla moglie aveva trascorso i momenti
migliori della vita coniugale, una casa di villeggiatura sul lago così
denominata in ricordo di una cantante blues di colore che aveva abitato
gli stessi luoghi decadi prima per poi scomparire nel nulla insieme al
figlioletto Kito. Capita peraltro che nella zona, da tutti chiamata soltanto TR,
da tempo stiano verificandosi fenomeni strani ed inquietanti. La svolta nella
vita di Mike arriva con la conoscenza di Mattie, giovanissima vedova che cerca
di tirare avanti vivendo in una roulotte con la figlia Kyra, di tre
anni, di cui il nonno Max Devore, influente plutocrate locale,. anziano e
paralitico, sta cercando di ottenere la tutela. A questo punto in Mucchio d’ossa in
questo perfetto chiasmo sentimentale – nonostante la differenza d’età, le due
hanno perso un padre, mentre Mike la moglie e un figlio – s’innesta saldamente
il filo narrativo del sovrannaturale, in ossequio alla stratificata tradizione
di Stephen King: una casa isolata infestata dai fantasmi, un’oscura maledizione
pendente sulla tranquilla località vacanziera, un terribile crimine razziale
perpetrato nel passato e protetto tramite una ragnatela di omertà i cui fili
collegano tutti gli abitanti del TR. L’happy ending dolceamaro e
consolatorio arriverà implacabile, ma soltanto dopo virtuosismi in serie,
pirotecniche sorprese e massicce dosi di suspense. D’altra parte Stephen King conosce alla perfezione la
ricetta per creare un perfetto best-seller: il segreto in questo caso lo
fa esporre al suo stesso protagonista quando, parafrasando William Somerset Maugham,
Mike afferma che “uno scrittore è un uomo che a insegnato alla sua mente a
comportarsi male”. E King sa come dosare ad arte le luci e le ombre dell’animo
umano, come accostarle sapientemente all’ignoto per creare una buona storia. Un romanzo di genere che
valica decisamente i confini di genere.
Stephen King, Mucchio d'ossa, Milano, Mondadori ("I Miti"), 2002; pp. 608
Voto
8
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