In un festival come Torino le sorprese sono all’ordine del giorno. Appena arrivati al cinema Massimo, ci catapultiamo in sala a vedere
Real Oni Gokko di Sion Sono. Horror game che dopo un inizio folgorante si perde nelle sue diverse diramazioni narrative e si arriva stanchi nel finale. Mentre il concorso parte
bene con God Bless The Child di Robert Machoian, Rodrigo Ojeda-Beck, segue la vita di Cinque fratelli di età
diverse comprese fra gli 1 e i 13 anni passano un giorno da soli, senza sapere se e quando la loro inaffidabile madre tornerà. La sorella maggiore si occupa dei fratellini, mentre la fantasia e il caos prendono il sopravvento. Un film che pone al centro lo sguardo istintivo e puro dell’infanzia, e dove le emozioni sono veicolate con sincera tenerezza, senza ricatti ne moralismi. Les Loups
di Sophie Deraspe, vede una giovane ricercatrice
canadese approdare in un villaggio di pescatori del Nord dell’Atlantico, dove è segretamente alla ricerca di suo padre. Un viaggio alla ricerca della propria identità affettiva, che diventa comprensione di un mondo selvaggio e sconosciuto. Un opera magnetica, capace di sondare negli animi dei protagonisti per mettere in luce le contraddizioni emotive dei nostri rapporti, interpersonali e famigliari. In Festa Mobile, non ci siamo lasciati scappare Nasty Baby di Sebastian Silva. Freddie e Mo sono una coppia gay che cerca di avere un figlio con l'aiuto di Polly (Kristen Wiig), migliore amica del primo: la cosa genera tensioni
tra loro, che crescono anche per via di un vicino svitato e aggressivo. Silva,
costruisce come al solito il suo cinema nero e inclassificabile su un labile pretesto, che diventa riflessione lucida sul nostro oggi, e lo fa con uno stile tutto suo, che pian piano ti
avvolge e ti spiazza come il finale inatteso della pellicola.
In The Assassin, siamo in Cina, IX secolo, dinastia Tang. Una giovane
donna, educata alle arti marziali da una monaca e trasformata in spietata assassina, deve scegliere tra l’obbedienza alle regole e le ragioni del cuore. Grande ritorno di Hou Hsiao-Hsien, con un film di straordinaria eleganza compositiva, che rilegge alla sua maniera il wuxia e lo fa con i suoi slittamenti laterali e le sue ellissi imperscrutabili, per descrivere un epica lontana, divisa tra storia
e soggetti e dove proprio Lei, l’assassina, con le sue decisioni meditate
dal cuore, cambierà il percorso in divenire del suo popolo. Shu Qi al suo massimo splendore. Un
festival come sempre debordante di proposte, dove ogni spettatore può disegnarsi il suo percorso e scovare film che sorprendano.
Voto
8
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