*
...Non si
placa la polemica sulle tombe profanate nel Cimitero di Roma!
...Logica conseguenza
quando i veri "morti" sono gli stessi profanatori!
Another
Dangerous RU-Y2K Project ©
Non cliccate qui sotto! Non vi risponderò ...MAI! (Che cattivo!!)
Another Dangerous
RU-y2k Project ©
UNA RISPOSTA PER TUTTE LE STAGIONI!
The final Cut
(Effrazioni cognitive a contrasto di fase per una stagione
sempre troppo calda!)
Tombe scoperchiate e cervelli fritti!
Ricordo i nomi di molti uomini le cui tombe sono state profanate:
è un uso che ha le sue origini nell'antichità.
Di nessuno dei profanatori ricordo
però il nome. Costoro sono uomini
senza storia. (R. Humbert)
Quando la sottile, o spessa, pietra che separa il mondo dei morti e dei
vivi viene spezzata a causa della paura che i vivi, alcuni vivi, hanno dei morti
e dei loro significati, avviene qualcosa di polveroso e contraddittorio: alla
fine dei conti e delle polemiche, l'unico vero risultato è che i profanatori
rendono inconsapevolmente onore alla paura che li attanaglia.
Verrebbe da rivolgere
un moto di pietà più ai profanatori che ai morti profanati: ma
resta pur sempre il dolore e lo sdegno dei vivi che, di quei morti, sono gli
amici, gli eredi, i legati da affetto o da ricordi e valori comuni.
Difficile è arginare lo sdegno delle genti offese, difficile è
altresì comprendere le ragioni dei profanatori, siano essi oppositori
ideologici o religiosi o semplici criminali, portatori insani di qualche squallido
racket. Per contro, lasciare agli offesi il compito di comprendere, motivare,
spiegare le ragioni o le trame oscure degli offensori, è fondamentalmente
sbagliato, un peso in più per gli offesi, un invito a cercare cause che
trovano alimento nelle loro stesse paure innescando un orrendo circuito autoreferenziale.
Di paura in paura la ragione
si perde.
E non parlo di "Ragione
Pura" alla Immanuel Kant ma di semplici motivazioni che spingono gli uomini
a cercare giustificazione del mondo in artifici ideologici, emotivi e mitologie
collettive o personali.
I morti sono morti e non
riceveranno alcun danno da qualsivoglia lacerazione del terreno che li contiene:
se c'è una lacerazione è nel cuore e nella mente dei congiunti,
della collettività, del Paese.
Ma che dire della lacerazione che si è verificata nella mente dei profanatori?
Non sono anch'essi uomini? Non subiranno anch'essi lo stesso affronto dai vermi
che divoreranno il loro corpo dopo la morte? Che vale allora accanirsi contro
le lapidi ed i simboli di chi li ha preceduti? Il loro gesto è sostanzialmente
inutile e non li renderà mai immortali, non li renderà migliori,
più ricchi o fortunati. Forse non sanno, costoro, d'esser essi stessi
dei sepolcri vuoti, profanati dall'interno.
Costoro hanno profanato
se stessi prima ancora di porre mano agli strumenti con cui hanno distrutto
le lapidi ed attaccato simbolicamente un'antica Comunità, quella ebraica.
C'è chi dice che le colpe non sono mai da una parte sola. E questo può
talvolta essere vero. Ma esiste pur sempre la categoria degli innocenti anche
se l'innocenza non è, e non potrà mai essere, una Nazione od un
Popolo.
E questa regola vale anche per i colpevoli.
Non esiste e non esisterà
mai un Popolo che possa essere, per definizione, chiamato "colpevole":
esistono, per nostra fortuna, solamente responsabilità personali.
Se le colpe dei profanatori appaiono, ai nostri occhi, molto più odiose
di quanto dovrebbero essere in effetti, ai sentimenti degli offesi non si può
altresì porre un limite ed il senso del Sacro, fra le persone di buona
volontà, è un sentimento cui è difficile rinunciare.
E qui le similitudini, le somiglianze, le affinità fra profanatori e
profanati, si disperdono.
Non c'è possibile
comunanza - in questo ed altri casi di profanazione - fra le vittime ed i colpevoli.
Questo sia chiaro.
Ma una cosa ci accomuna tutti: la paura. E questa ci divora dall'interno mettendo
a nudo le nostre difese, le nostre fragilità, le nostre personali risorse
e qualità.
Talvolta emerge un elevato
valore personale, altre volte uno squallore senza angoli in cui potersi nascondere.
Ma quel che rimane, il guscio, lo scheletro di tutto ciò, è e
resta la paura.
E a darle importanza, ad esaltarla o a fuggirla, questa ha già vinto.
E noi, tutti noi, abbiamo
perduto.
Se gli uomini il cui amore è senza verità, i profanatori, guardassero
negli occhi la loro paura, se avessero questo coraggio umano, forse questa paura
perderebbe il suo immenso potere.
Non avrebbero più bisogno di profanare quel che non possono in alcun modo controllare, impedire, fermare. La loro irreversibile, inevitabile, futura, inappellabile, unica morte.
Perché, - come diceva Borges - morire (è moneta corrente) è un'abitudine che suole avere la gente.
***
(Tratto da: "I pensieri
morali di un poeta cybernetico")
© Another Dangerous RU-y2k Project
*
NOTA:
Inutile inviare virus... la posta viene scaricata su di un computer-bersaglio
riformattato giornalmente.
Detto computer non è collegato ad alcuna rete locale.
Ogni trasferimento dati al computer bersaglio viene effettuato con
supporti che vengono distrutti dopo l'utilizzo.
*
fine della pagina!
Another
Dangerous RU-y2k Project ©