Ad un anno di distanza esatto dalla prima in una chiesa di Pontassieve arriva in unica replica il bellissimo spettacolo confezionato dalla premiata ditta "David Riondino", con sciarpa bianca da primo Berlusconi e bastone da “Vecchio Frac” di Modugno, ed il Stefano Bollani, senza più le treccine rasta dell’esibizione estiva con la Ort all’Estate Fiesolana, due maestri, parola e musica, che incantano la platea tra le rime e le note, giocando ora con le consonanti ora con gli ottantotto tasti come birilli del bowling, come giocolieri sul filo dell’impossibile.
I due si guardano, si sfidano in pirotecniche evoluzioni, orali e sonore, mentre al centro di questo “Presepe Vivente e Cantante” le quattro belle statuine immobili, impalate, impagliate, cementificate, stanno senza batter ciglio, ogni muscolo fermo con solo la bocca per esprimere, con il canto, emozioni e sentimenti, in chiave ironica, con quel sarcasmo fine e delicato che sottende a tutta l’operetta.
Il profondo dolore dell’immobilità dei personaggi del Presepio traspare da queste figurine in controluce, nella loro tremenda prigionia forzata, nella coercizione, nell’essere stretti, rinchiusi in panni, vesti, ruoli, da un’eternità senza alcuna prospettiva di mutamento né cambiamento di condizione o miglioramento dell’esistenza.
Lo spettacolo è la ribellione degli ultimi, di chi non parla e come ascoltatore ha soltanto schiene, mai una carezza, mai solidarietà o comprensione: c’è il pastore Mauro Mengali, con la voce roca e calda, Monica Demuru, eccelsa, Petra Magoni, nella vita compagna di Bollani, strepitosa, lirica ed aulica, con una potenza vocale straordinaria, è la contadina, e Paolo Benvegnù è l’altro bracciante, tutti posti sul muschio prima di Natale, fino alla Befana, e poi incartati nuovamente, inscatolati e rimessi al loro posto, al buio di un ripostiglio o di una soffitta, pronti per essere riutilizzati dopo 365 giorni.
Le belle statuine sui loro piedistalli sembrano giocare al gioco infantile di 1, 2, 3 stella mentre Bollani, sempre più simile a Novecento de Gino Strada, citazione da “No man’s land”, c’è Edoardo Agnelli, suicidatosi gettandosi dal cavalcavia che testimonia la desolazione, l’infelicità, la depressione, la noia, l’inutilità, la solitudine dell’oggi, c’è la donna sempre fissa al cellulare piena di nevrosi e senza amore con tante conoscenze e numeri di telefono ma senza nessun amico da chiamare, c’è la donna scienziato che ha clonato il Bambin Gesù.
Petra Magoni canta come Caterina Caselli e si muove con l’ironia della Cortellesi.
I manichini si sciolgono al grido rivoluzionario di “Non state fermi”, si ribellano al loro destino, spezzano le catene muovendosi come gli zombie di Michael Jackson.
Voto
8,5
|
|
|