Babilonia Teatri,
The End, 2010
Babilonia Teatri,
Pop star, 2009
Babilonia Teatri, recensione Pornobboy, 2008
Babilonia Teatri, presentazione Pornobboy, 2008
Babilonia Teatri, Made in Italy, 2008
La scrittura è fluida. Ma non
lineare. Si salta, si vaga, si cerca. Il filo rosso c’è. Ognuno ha il suo.
Ognuno le proprie visioni. E si procede a tentoni dietro quella luce spenta del
primo piccolo atto. Nero. Buio. Pece. E noi dentro il tunnel delle parole dei Babilonia. E’ un elenco. Sembra un
elenco. Una lista della spesa dove la parola successiva si allinea e trova
continuità con la precedente per assonanza di immagini, di allitterazione, di
assonanza, semiotica e dialettica. E’ la parola della pubblicità che cola dai
muri e ci avvolge di idee gelatinose e ci imbriglia di miele. E’ un ritmo il suo
snocciolare. Sono slogan, a volte soltanto termini accatastati, sovrapposti,
diretti come binari. La direzione è il distaccarsene, il prenderne le distanze.
Ad assommarsi, a rincorrersi, uno dietro l’altro, uno dentro l’altro ad
affinare il chiodo per trovare la profondità, il petrolio. Un flusso di
coscienza per stanare quello che è abbagliante, come le luci da aeroporto
sparate in faccia agli spettatori con gusto sadico, renderlo visibile,
tangibile. I Babilonia
infilano il retino nella televisione, nelle frasi fatte, nei clichè, negli
stereotipi, frugano nelle tasche della quotidianità, della banalità, del già
detto, di quella nostra finta ipocrita originalità che ha solo il gusto del
plagio, di quell’autocelebrazione plaudente. Siamo una massa indefinita che si
muove senza un perché, ci gridano dal palco, diciamo di non avere capi perché ne
abbiamo migliaia, professiamo di essere liberi perché le catene ci vanno
benissimo e si intonano con il gessato nuovo, ci gongoliamo del nostro pseudo
altruismo che altro non è che sopravvivenza. Siamo un branco di pesci, uno
stormo d’uccelli: target, clienti, consumatori che si muovono senza un perché
o, meglio, per motivazioni che poco hanno a che fare con la propria volontà. Il
belloccio Pornobboy
se ne sta in un angolo, sulla sua moto. Il sesso è l’ultima chance che ci
rimane, ma è giocata con la volgarità, con la fretta, con l’uso ed il consumo. I
Babilonia sono rabbiosi. Se lo mangiano il microfono, tirano le parole come le
noccioline che fanno roteare per aria. Frutta secca per le scimmie ammaestrate,
contente del loro status, spiaccicate davanti alla televisione a vedere culi di
ragazzine, afflosciate su una radio a ridere della povertà delle lettere
d’amore altrui. Di quella voglia collettiva di esserci, di esistere, di alzare
la mano e dire ci sono. Anche quando non si ha niente da dire. Anche quando
vorremmo essere lasciati in pace nel caldo della pancia del branco. Ad
invecchiare annoiandoci.
Voto
8