Sembrerà anacronistico parlare di Ingmar Bergman, ma è pur sempre una figura chiave del cinema moderno, che da anni vive silenziosamente appartato nel nord dell'Europa, e che trova voce attraverso il cinema di Liv Ullman: espressione lucida del pensiero del maestro. Finalmente, questo volume ci porta alla conoscenza di un film del 1956, l'indimenticabile Settimo Sigillo, che conserva tuttora un fascino indelebile nella memoria di molti cinefili, riconducibile all'immagine della gara di scacchi tra il cavaliere e la morte, che riassume in sé il messaggio dell'opera. Un film che al di là dell'ambientazione medievale, pone il suo interesse sulla morte come elemento reale dell'esistenza, e sondando l'angoscia del protagonista in una chiavi di lettura prettamente esistenziale. Il contesto ambientale della messa in scena viene a mutare nel tempo, per diventare lo spazio di una riflessione umana che appartiene al pensiero dominante dell'occidente e della sua sensibilità indotta. Bergman, con il passare degli anni non è mai stato troppo indulgente con le sue opere, considerando questo film come poco riuscito, ma investito di amore e immaginazione, e proprio questa visione metafisica che rende ancora oggi indimenticabile Il Settimo Sigillo, capace di lasciare nello spettatore un fardello di domande irrisolte, e il fascino oscuro di ogni fotogramma. Il libro di Marini, parte dai cenni biografici, per studiare sequenza per sequenza l'opera, concludendosi sulle orme saggistiche di un medioevo atemporale di Bergman, attraverso lo sguardo critico delle ombre della morte, e la costruzione dello stile del regista. Un regalo da farsi subito.

Voto 8